Discepolo di Dagon: Clark Ashton Smith e i Miti di Cthulhu

“Inginocchiatevi: Io sono l’imperatore dei sogni,
Io mi incorono con il sole dei milioni colorati
di mondi segreti incredibili, e prendo
i loro cieli striscianti come vestimento, quando Io mi libro in volo,
seduto sul trono sul montante zenit, e illumino
gli orizzonti spaziali fluttuanti infiniti”

Clark Ashton Smith “Il mangiatore di oppio”, 1920

 

Durante gli anni ’30 tre scrittori Americani di narrativa fantastica ed orrore contribuirono a un catalogo di opere concatenate ed in correlazione consistenti in brevi storie e racconti che in seguito divennero note come “I miti di Cthulhu”. Queste storie trattavano del ritorno sulla terra, dopo millenni di assenza, di alcune divinità ed entità transdimensionali; i Miti acquistano il loro nome dalla divinità centrale del Panteon. Il primo e più importante di questi scrittori fu Howard Philipps Lovecraft di Providence, Rhode Island. Il secondo, conosciuto più in generale per i suoi racconti di epica e di fantasy eroica in ambientazioni esotiche, fu Robert Erwin Howard, di Cross Plains, Texas. Il terzo, ed in misura uguale affascinante scrittore, fu Clark Ashton Smith.

Clark Ashton Smith nacque il 13 gennaio 1893 a Long Valley in California. Come H.P.Lovecraft egli poté tracciare la sua stirpe fino al New England e quindi all’Europa. Il padre di Smith, Timeus Smith, viaggiò diffusamente nei primi tempi della sua vita stabilendosi definitivamente nella città di Aubern in California dove egli rimase fino alla sua morte nel dicembre 1937. Fu qui nella tenuta forestale di trentanove acri, solo sei miglia dal suo luogo natale, che Clark Ashton Smith visse e lavorò per la maggior parte della sua vita, compartendo una cabina di legno di quattro stanze con i suoi anziani genitori.

Bambino molto sensibile Smith incontrò la vita della scuola insopportabile e dopo cinque anni i suoi genitori lo tolsero dalla scuola elementare1. Da quel momento in poi Smith fu totalmente autodidatta, raggiungendo una padronanza completa dell’uso dell’inglese così come del francese e dello spagnolo e componendo versi in queste lingue. Egli iniziò a scrivere all’età comparativamente precoce di undici anni e dal 1910 egli vendette brevi storie a riviste quali “The Black Cat” e “The Overland Monthly“. Ma fu per la sua poesia che egli inizialmente ricevette un apprezzamento e una attenzione pubblica; la sua prima collezione “The Star Treader and Other Poems” apparì due anni dopo.

Questo volume fu salutato con recensioni da prima pagina nella stampa di San Francisco che salutò Smith come il “Ragazzo Genio della Sierra” ed il “Keats della Costa del Pacifico”. Nel 1918 il prestigioso Book Club della California pubblicò una seconda collezione – una edizione deluxe di “Odi e Sonetti” con una introduzione di un amico intimo di Smith, George Sterling. In quei primi giorni Smith si spostò nei circoli artistici e bohemien di San Francisco che includevano tali luminari figure letterarie come Jack London e Dashiell Hammett.

Nel 1922, comunque, l’interesse nella poesia di Smith stava iniziando a svanire e la sua pubblicazione seguente “Ebano e Cristallo” fu prodotta privatamente e autofinanziata. Lovecraft descrisse il lungo poema “Il Mangiatore di Hashish”, contenuto in quel volume, come “la più grande orgia immaginativa nella letteratura inglese”. Stilisticamente Smith fu influenzato pesantemente dai suoi favoriti del periodo – le opere di Edgard Allan Poe, “Vathek” di W. Beckford e i racconti di Sir Walter Scott delle “Notti Arabe” che lasciarono una impressione permanente sulla sua prosa elaborata e lirica. Ma fu Howard Philipp Lovecraft – la sua corrispondenza con Smith data dall’agosto 1922 – che per primo lo spinse ad iniziare e sperimentare con il nuovo e popolare genere di narrativa dell’orrore. Lovecraft inoltre inviò esempi della scrittura di Smith a Edwin Baird, editore della rivista “Weird Tales“, suggerendo di contattare Smith al fine di pubblicare il suo lavoro.

Smith nel successivo decennio contribuì con la sua opera a più di cinquanta riviste incluse “The Yale Review“, “The London Mercury, “Asia” “Wings” e “The Philippine Magazine“. Le sue traduzioni di Baudelaire (un’altra importante influenza) furono incluse in una antologia dei “Fiori del Male” pubblicata dalla Limited Editions Club. Ma non fu fino al maggio del 1930, con la pubblicazione in “Weird Tales”  (una rivista americana specializzata nella narrativa dell’orrore e del soprannaturale) di un racconto intitolato paradossalmente “La fine della storia“, che Smith intraprese quello che fu il suo maggiore contributo alla letteratura del fantastico. Da questa data fino al 1934, quando egli virtualmente terminò di scrivere, egli produsse più di un centinaio di brevi racconti, la maggior parte per riviste quali “Weird Tales“, “Wonder Stories“, e “Stirring Science Stories“. I migliori di questi racconti furono più tardi raccolti in un numero di antologie: “La doppia Ombra e altre fantasie” (1933), “Al di là del Tempo e dello Spazio” (1942), “Ultimi Mondi” (1944), “Genius Loci e altri racconti” (1948), e “L’abominazione di Yodo” (1960). Egli inoltre iniziò ed abbandonò due romanzi.

Fritz Leiber (un altro contributo ai Miti di Cthulu) ha paragonato le storie di Smith a “gioielleria particolare…come strani ornamenti, il metallo elaboratamente intarsiato e cotto, tempestato di pietre sconosciute semipreziose, da una cultura sconosciuta e senza tempo”.

Certamente una delle più forti caratteristiche della prosa di Smith è la semplice sovrabbondanza di dettaglio outré e avvenimento, quasi un tipo di eccesso descrittivo. Questa stravaganza verbale è al suo massimo estremo nei suoi testi di fantascienza e di fantasy. Tuttavia un altro aspetto presto diviene apparente al lettore – il secco umore e ironia che è alla base di molte delle sue storie. In un certo modo queste qualità aiutano a fronteggiare o controbilanciare alcune delle deviazioni più acute di Smith nella “prosa porpora”.

La maggior parte dei racconti di Smith di orrore cosmico ha luogo in paesi rimossi lontano dal mondo mondano, in altre dimensioni, in altri mondi, nel mondo passato o nel lontano futuro. Alcuni gruppi di storie sono legati ad una ambientazione di immaginario comune – ‘Hyperborea’, il mitico continente perduto nordico, che Madame Blavatsky rivendicò quale essere stato la civilizzazione terrestre più antica; ‘Zotique’ un luogo alla fine dello spazio temporale della terra; e ‘Xiccarpin’ un pianeta distante brulicante di flora e fauna esotica. Un altro ciclo di storie è ambientato nel regno medioevale immaginario di Averoigne. Le sue narrazioni più forti comunque includono quelle relative ai miti di Chtulhu e hanno luogo nei quartieri abituali di Smith a San Francisco e Auburn. Contro questo sfondo di luoghi comuni di ogni giorno i suoi orrori transdimensionali sembrano tutti i più reali.

Anche se Clark Ashton Smith. fu indubbiamente influenzato nei suoi versi dai preraffaelliti inglesi e dai poeti simbolisti francesi fu l’opera del suo corrispondente H. P. Lovecraft che divenne la singola influenza più importante nella sua narrativa fantastica. Degli scrittori contemporanei che contribuirono allo sviluppo dei Miti di Lovecraft fu di gran lunga il più prolifico, incoraggiato da lettere di H. P. Lovecraft che gradiva le addizioni alla cosmologia degli Antichi e li incorporò nei suoi propri lavori in corso di opera. Il processo di fecondazione incrociata fu così ispirata al panteon originale delle divinità Lovecraftiane (Cthulhu, Yog-Sothoth, Nyarlathotep e Shub-Niggurath) e Smith incluse tali entità come il dio-rana nero e amorfo Tsathoggua; il dio ragno Atlach-Nacha e la divinità primordiale Ubbo-Sathla. E alla lista di Lovecraft dei grimori proibiti e abominevoli egli aggiunse “Il Libro di Eibon“, una collezione di miti oscuri e funesti di liturgie ed incantesimi sia malvagi che esoterici.

Meno superficialmente Smith fu capace di impregnare i suoi racconti dei Miti con un senso delle vaste età di tempo, gli strani eoni attraverso i quali gli Antichi stanno dormendo, aspettando il tempo quando le stelle saranno al posto giusto e loro domineranno di nuovo sulla terra. In “Ubbo Sathla” un occultista del giorno d’oggi scopre un cristallo magico attraverso il quale regredisce attraverso incarnazioni passate e reversioni ataviche alla fonte protoplasmica di tutta la vita terrestre. In una citazione del “Libro di Eibon” Smith descrive questa entità in una frase molto reminescente degli Antichi di Lovecraft: “Perché Ubbo Sathla è la fonte e la fine. Prima della venuta di Zhothaqqah o Yok-Zothot o Khulnut dalle stelle, Ubbo-Sathla dimorava nelle vaporose paludi della terra appena creata”.

In “Il ritorno dello stregone” un giovane studioso viene ingaggiato da un recluso benestante a Oakland in California per tradurre passaggi del “Necronomicon“. Smith include dentro il testo di questa storia un passo dal più famoso dei grimori Lovecraftiani. La sua storia seguente in stampa “Il racconto di Satampra Zeiros“, pubblicato nella edizione del novembre 1931 di “Weird Tales“, include il primo riferimento al Dio Tsathoggua. Lovecraft già aveva incorporato questa divinità nella sua storia “Colui che sussurra nell’oscurità” nel seguente passo:

“E’ da N’kai che il terribile Tsathoggua proviene – la creatura – dio amorfa simile alla rana menzionata nei Manoscritti Panottici e il Necronomicon e il ciclo mito Comorione di KlarKash-Ton”.

Klarskah-Ton è sicuramente un riferimento a Smith stesso e il ciclo mito Commorione si riferisce alla sua serie di storie ambientate in Hyperborea.

Visto che “Il racconto di Satampa Zeiros” fu pubblicato due mesi dopo l’apparizione della storia di Lovecraft sembrerebbe che lo stesso Lovecraft avesse già visto una copia manoscritta qualche tempo prima del 1931.

Un altro racconto nella stessa sequenza, “La porta per Saturno” introdusse il mago Hiperboreo Eibon così come presenta ulteriori informazioni riguardo alla provenienza di Tsathoggua – nominando gli esseri che lo generarono e il pianeta (Saturno) da cui egli era disceso alla terra. “La progenie innominabile” pubblicato solo pochi mesi più tardi in “Strange Tales” inizia con una lunga citazione dal “Necronomicon” di Abdul Alhazered.

“Molti e multiformi sono gli oscuri orrori della Terra, infestando i suoi cammini dai primordi. Essi dormono sotto la pietra rivoltata, essi si alzano con l’albero dalle sue radici, essi si muovono sotto il mare e in luoghi sotterranei..” Questo passaggio mostra chiaramente il profondo interesse di Smith e il suo coinvolgimento con il tema base dei Miti di Cthulhu – il ritorno di forze oscure e di esseri dall’alba della creazione. Parlando strettamente solo otto delle storie di Smith possono essere classificate come propriamente appartenenti ai Miti, applicando il criterio comune di nomi di divinità località e grimori in relazione. D’altra parte alcuni pezzi certamente compartiscono l’atmosfera e la struttura dei racconti tipici dei miti.

Tali storie includono “Genius Loci“, “Il passante nella polvere“, “Il seme dal sepolcro” ed “Il devoto del male” e dovrebbero sembrare un buon caso per la loro inclusione su terreni puramente stilistici.

Molte delle trame di Smith echeggiano inoltre quelle che si trovano nella narrativa di Lovercrat – per esempio “I cacciatori dell’aldilà” che presenta una stretta somiglianza alla storia di Lovecraft “La modella di Pickman“. In entrambi le rappresentazioni degli artisti di mostri sub-umani sono rivelate essere prese dalla vita. Nel caso di Smith questo tema può essere inoltre visto come simbolico poiché egli stesso era un prolifico artista visuale, producendo un enorme numero di dipinti, disegni e sculture, molti di loro essendo di complemento al suo lavoro scritto. I suoi dipinti a colori di vegetazione bizzarra e fungi descrivono paesaggi e i suoi mondi immaginari, ‘Hyperborea’ e ‘Atlantis’. Egli inoltre illustrò scene particolari dalle sue proprie storie e di quelle di Lovecraft2 eseguendole ad acquerello e carboncino. Sebbene queste immagini sono stilisticamente piuttosto crude esse hanno un potere primitivo che giace sottostante. Confronti favorevoli sono state compiuti con i dipinti del simbolista Odilon Redon in particolare riguardo all’opera a colori tarda di Redon. Nella sua memoria su Clark Ashton Smith E. Hoffman Price descrive la sua prima visione dei dipinti di Smith: “Matita, carboncino, acquerelli, molti disegnati con penna, con inchiostri di diversi colori, questi fatti in dettaglio laboriosamente minuscoli. Alcuni erano equivalenti bidimensionali delle sue sculture. Altri erano eccessivamente e rappresentazioni altamente stilizzate di vita di piante che apparivano fondersi con il regno animale”.

Di più grande interesse forse sono le miniature di Smith, pezzi scultorei la maggior parte piccoli abbastanza da essere tenuti in una mano – tra questi vi sono soggetti dei Miti, come suggeriscono certi titoli come ‘Chtulhu’, ‘Dagon’, ‘Tsathoggua’, ‘L’Estraneo’ e ‘Hastur’. Altri erano di teste bizzarre come quelle dell’Isola di Pasqua. Questi pezzi, spesso scolpiti dalle rare ed inusuali pietre nelle foreste californiane evocano comparazioni con certe forme di artefatti precolombiani e polinesiani.

Riguardo a queste sculture che Smith cuoceva nel forno della sua cucina Price ricorda:

“molti erano androidi, subumani, quasi umani, superumani, confortevolmente volgari – acutamente malvagi – stupidamente comodi – sinistri – maligni – figure piene – busti – semplici teste…”

Al contrario di Lovecraft che era un individuo cospicuamente introverso e con tendenze ad isolarsi  Smith lavorò invece ad una varietà di occupazioni non letterarie, come raccoglitore di frutta, boscaiolo, scavatore di pozzi, giardiniere e minatore della dura roccia e sembra di aver goduto di una sana esistenza all’aperto.

Questi lavori part time gli permisero inoltre la lussuria di produrre storie altamente individuali senza il bisogno di considerare il loro potenziale commerciale visto che egli non dovette mai fare affidamento solamente sulle entrate derivanti dai suoi sforzi artistici e letterari.

Smith inoltre aveva un predilizione per liquori forti, di nuovo in marcato contrasto alla apparente astinenza di Lovecraft.

Nella primavera del 1934 per nessuna ovvia ragione la copiosa produzione di Smith di storie arrivò alla sua fine repentina. Da questo momento fino alla sua morte nel 1961 egli produsse solo una manciata di racconti, a dispetto del fatto che egli era divenuto uno dei più prolifici e popolari scrittori di “Weird Tales” ed all’apice dei suoi poteri creativi. Sembra come se  la corrente informativa che aveva trovato il suo sfogo nella narrativa fantasy di Smith si fosse ritirata o fosse cessata. Ciò è ancora più sorprendente  quando viene considerato in parallelo con la carriera di Lovecraft – anche lui poco dopo questo periodo cessò di scrivere e morì dopo un anno e mezzo dal completamento della sua ultima storia.

Nello stesso modo in cui una loggia occulta può essere stabilita in modo da trasmettere una corrente particolare magica per uno specifico periodo di tempo (forse determinata da considerazioni astrologiche) sembra che il Cerchio Lovecraftiano32 di scrittori costituì all’inizio degli anni Venti e i primi anni Trenta un punto focale o ricettore per gli elementi dei Miti di Chtulhu. Il fatto che questo processo fu largamente subconscio dimostra semplicemente che è quando l’immaginazione sta operando potentemente e forse aiutando a bloccare la mente razionale conscia che la trasmissione di conoscenza ‘magica’ è più probabile che accada. Nel corso di una lettera a Lovecraft Smith scrive:

“Il mio punto di vista è che non c’è assolutamente alcuna giustificazione per la letteratura a meno che essa serva a rilasciare l’immaginazione dai legami della vita di ogni giorno”.

Lo scrittore inglese di occultismo Kenneth Grant suggerisce un angolo più specifico su questo tema:

“Idee non accettabili alla mente quotidiana …possono essere rese in modo tale da sorpassare il censore, e attraverso i mezzi del romanzo, il poema e la breve storia essere efficacemente impiantati nel suolo che in modo diverso le avrebbe rigettate o distrutte”3.

Il ruolo dell’artista è qui comparabile a quello del medium, nel fatto che egli è l’approvvigionatore piuttosto che l’originatore della corrente che infonde la sua opera. In molti modi questo pone l’artista magico a parte dal resto del mondo dell’arte, nel fatto che il successo della sua opera giace nella relazione diretta al grado di assenza personale al momento della creazione – facendosi da parte per permettere l’influsso di sottili energie dall’aldilà. Questo in se stesso va contro la prospettiva tenuta da praticamente tutte le scuole contemporanee di critica dove i tratti emozionali e psicologici dell’artista sono stimati come essere di primaria importanza nella creazione dei motivi visuali e dei simboli.

Questo non è per proporre d’altro canto che l’arte magica è sinonima con l’arte automatica perché la corrente che informa l’opera in ogni momento sarà relazionata specificatamente a particolari forze transmondane invocate al suo inizio. La creazione di atmosfera sensibile e la preparazione di un ricettacolo idoneo, o veicolo, per le energie manifestanti sono così integrali al processo.

Nel caso di Smith Grant ha definito queste energie più specificamente,

“La corrente magica  che è fiorita nella arte fantastica di Michael Bertiaux produsse – al tempo di Lovecraft – le strane creazioni di Clark Ashton Smith e Austin Spare ha inoltre contribuito a questa corrente….Questo è il raggio della magia cerimoniale e essa forma un corridoio spazio-temporale tra Yuggoth (Plutone) e i pianeti ultimi transNettuniani rappresentati sull’Albero della Vita da Kether e Chokmah rispettivamente.”4

L’allusione ad Austin Osman Spare in relazione a Clark Ashton Smith è notevole poiché Spare è un altro artista visuale che ha esplorato l’opera di Lovecraft nel suo disegno a pastello da incubo “I culti di Cthulhu: Il Sole è malato”.

La recente apparizione di corrispondenza precedentemente non pubblicata da Smith a Lovecraft (nella quale Smith adotta il magico motto del alto sacerdote di Atlantide ‘Klarkash-Ton’ e Lovecraft quello del profeta ‘Ech Pi El’ fornisce materiale prezioso a supporto della citata tesi5. In queste lettere Smith descrive la sua opera creativa molto di più in termini della trasmissione di immagini archetipe dal di fuori della sua propria personalità. Questa indicazione sembra essere stata particolarmente acuta nella formazione dei pezzi piccoli di scultura, che erano spesso denominati con nomi di divinità dei Miti, e ai quali ci siamo riferiti in precedenza. In una lettera a August Derleth datata 30 marzo 1937 (poco dopo la morte di H.P. Lovecraft), Smith descrive in dettaglio il processo creativo implicato:

“Le sculture stesse sono puramente ispirazionali, e alcune volte nell’iniziarne una io non ho alcuna idea della forma che essa prenderà sotto la mia mano. Io sento come se esse fossero dettate da forze al di fuori di me – forze forse identiche con quelle che hanno ispirato l’arte arcaica e primitiva. Può essere senza alcun dubbio affermato che esse sono il prodotto di  una certa psicologia ma forse la psicologia è semplicemente un canale. Alcune volte io mi chiedo se la motivazione dell’arte così come quella del pensiero umano, emozione, azione…non siano nascoste al di là di tutti gli approfondimenti o i sospetti di tutti i moderni psicologi…quello che ho detto è in parte dovuto alla sensazione bizzarra di personale distacco dalle sculture che io ho:

“la sensazione che essi non sono realmente mie ma potrebbero essere state lavorate nello Yucatan o in Cambogia”6.

Il riferimento a August Derleth porta ulteriormente un altro importante aspetto della personale concezione della natura dei Miti di Cthulhu di Clark Ashton Smith. La sua corrispondenza con Darleth rivela che la sua realizzazione intuitiva della cosmologia Lovecraftiana era molto più avanti di quella dei suoi contemporanei nel Cerchio di Lovercraf ed inoltre adombra in modo del tutto sorprendente l’interpretazione proposta da Kenneth Grant nelle sue ‘Trilogie Tifoniane’. In una lettera a Derleth datata 13 aprile 1937 Smith scarta il tentativo erroneo di Derleth di ritrarre i Miti nei termini di una dicotomia pseudo Cristiana tra le divinità del bene e quelle del male. Egli scrive:

“Riguardo alla classificazione degli Antichi io suppongo che Cthulhu può essere classificato come sia una sopravvivenza sulla terra e un abitante delle acque e Tsathoggua come una sopravvivenza sotterranea. Azathoth riferito da qualcuno come il “primordiale caos nucleare ” è l’antenato ma abita ancora nello spazio esteriore e ultradimensionale, insieme con Yog-Sothoth e il demone suonatore di piffero Nyarlathotep. Io non dovrei classificare nessuno degli Antichi come malvagi; essi sono chiaramente al di là di tutte le limitate concessioni umane sia malvagie che buone.”7

E in una lettera data 21 aprile 1937: “riguardo alla mitologia: le mie proprie idee sul soggetto sono prese quasi interamente dalle storie stesse, specialmente da “La chiamata di Cthulhu“…non sembra esserci alcun riferimento alla espulsione di Cthulhu e i suoi compagni nella “Chiamata”. Cthulhu e gli altri Antichi morirono o furono gettati in una stato di animazione sospesa quando le stelle erano in posizione errata. Quando le stelle ritorneranno ad avere la corretta posizione qualche forza esterna sarebbe servita a liberarli e resuscitarli. Questo sembrerebbe indicare l’azione di leggi cosmiche piuttosto che una battaglia tra divinità buone e malvagie.”8

Le prime lettere di Smith a Lovecraft rivelano inoltre, come fu il caso con Lovecraft stesso, che l’ispirazione di molta della narrativa strana di Smith e le sue opere artistiche avevano le loro radici nei sogni e negli incubi, la sostanza del quale fu in seguito modellata e lavorata nella struttura del pezzo finito. Smith ricorda sogni nei quali egli visitò “una alta torre con finestre piccole oblique sopra una città stranamente esotica”, “abissi di ineffabilmente sconcertante e confusa sensazione ed entità” e di “vagare attraverso una strana città insieme con altre persone sotto un senso di fretta urgente e portentosa costrizione” (Vedi il poema in prosa di Lovecraft, “Nyarlathotep” per comparazioni con questo ultimo soggetto). Per l’occultista queste esperienze di sogno richiamano il tipo di paesaggio astrale incontrato durante lavori sui sentieri magici.

Forse la più sorprendente di queste trasmissioni via sogno è descritta nel seguente estratto nel quale Smith rievoca il nome o la formula di una entità non umana.

“Io ero eretto in qualche posto su una desolata terribile pianura mentre sotto e sopra di me con spaventosa velocità demoniaca e passo e suoni di fulmine; una vasta schiera di nuvole di Forma titanica correva. Una di queste, mentre andava, annunciò le parole altisonanti ‘Eiton euclarion’ che io ritenni essere il nome delle entità nuvolose o uno dei suoi compagni”9.

Questo sogno particolare fu in seguito utilizzato da Smith come la base di una storia inizialmente intitolata “Le Cose Nuvolose” che alla fine apparì in “The Fantasy Fan“, novembre 1934, come “La città primordiale“.

Cercando di scoprire la vera natura di tali rivelazioni subconsce e la loro possibile fonte Smith specula riguardo all’esistenza di forze generative archetipe al di là di quelle puramente psicologiche.

“La spiegazione moderna della crescita dei miti e delle superstizioni è certamente ben costruita. Tuttavia dopo tutto è possibile che improvvise nuove teorie psicologiche possono nel tempo rimpiazzare molto quello che ora è considerato come evidente. Inoltre vi è la possibilità affascinante che gli essere umani possono nel tempo sviluppare nuovi sensi o facoltà che li porteranno un pò più in avanti nei penetrali cosmici. Può essere sospettato che le fonti del pensiero umano giacciono più profonde e più remote di quello che si suppone. Noi non siamo isolati dalla miriade di forze sconosciute dei cosmi che giocano su di noi e dopo tutto chi sa quale’è l’effetto reale che queste forze possono avere?”10

Questo passaggio rivela un approccio filosofico alle forze molto reali rappresentate dalle recensioni narrative dei Miti di Cthulhu e mostra un grado di intuito che forse trascende quello di Lovecraft stesso. La citazione inoltre porta alla mente il riferimento molto intrigante di Smith al “Sole Nero” la fonte essenziale del potere del male, come proposto da un carattere nella sua breve storia “Il devoto del male” (1933). Qui il Sole Nero (un simbolo chiave Tifoniano) è interpretato come “una sorta di vibrazione oscura, la radiazione…di un centro di eoni maligni – una radiazione che può penetrare come qualunque altro raggio – e forse più profondamente”.

Nel luglio 1953 a Smith fu chiesto quale fosse il suo proprio contributo ai Miti. Egli replicò:

“Io credo che aggiunsi ai Miti di Cthulhu quanto io presi in prestito…Tsathoggua e il Libro di Eibon sono mie creazioni e furono prontamente utilizzate da Lovecraft.”11

Chiaramente una risultante egualmente importante delle aggiunte di Clark Ashton Smith ai Miti può essere visto come la substanziazione e l’estensione della originale concezione di Lovecraft. La luce viene gettata non solo sopra la possibile forma di fonti da cui questo materiale originò ma inoltre illuminasse i canali attraverso i quali esso fu trasmesso.

Nel 1954 Smith sposò Mrs. Carol Dorman, una divorziata con tre bambini adolescenti a Monterey in California e si spostò al vicino Pacific Grove per mettere su casa con la sua nuova famiglia. A dispetto di soffrire una successione di minori attacchi egli continuò a guadagnare una piccola somma curando i giardini di altre persone. Anche se sua moglie rimase vaga sul soggetto sembra che Smith divenne intensamente interessato al Buddismo durante i suoi ultimi anni, divenendo probabilmente un convertito. Egli morì il 14 agosto del 1961 all’età di 68 anni.

 

 

1   Come Lovecraft Smith fu afflitto da periodiche malattie causate da qualche condizione non identificata.

2     F. Lee Baldwin in uno sketch biografico pubblicato nella rivista “Fantasy” (aprile 1935) descrive la prima apparizione della storia di Lovecraft “The Lurking Fear“: più tardi nel 1922 “Home Brew” pubblicò “The Lurking Fear” come una serie di quattro parti con illustrazioni di Clark Ashton Smith che egli incontrò attraverso il giornalismo amatoriale.

3  Kenneth Grant, The Magical Revival, p. 114, Muller 1972.

4  Kenneth Grant, Cults of the Shadow, p. 188 Muller, 1975

5   Clark Ashton Smith, Letters to H.P. Lovecraft, edite da Steve Behrends, Necronomicon Press, Rhode Island, 1987.

6  Ibid. p. 55

7  Ibid. p. 58

8    Ibid. p. 62

9  Lettera a Lovecraft, Ottobre 1933, Ibid., p. 42

10  Lettera a Lovecraft, Novembre 1933, Ibid. p. 45

11 Sembra che Lovecraft lavorò inoltre per un cliente sconosciuto su una storia che presentava il dio rana di Smith, Tsathoggua. D’altra parte quando il cliente sottopose questo racconto a Farnsorth Wright (allora editore di “Weird Tales“) esso fu rigettato. Il manoscritto da allora è stato perso.