TRASFORMAZIONE – Austin Osman Spare e la Messa di Besz

O Zos, vivrai in milioni di forme e ogni cosa concepibile accadrà dentro di Te!

Focus of Life, p.8

 

Il seguente saggio esplora l’opera di Spare alla luce del suo nucleo travolgente – la Messa di Besz – termine che alcune volte viene scritto come ‘Messa di Bess’ e varianti simili. Una riflessione sull’opera di Spare rende chiaro come è difficile e di fatto alla fine futile tentare di isolare i vari elementi dell’opera di qualcuno. Nel caso di Spare, i vari elementi della magia, del misticismo, della teurgia, sigillazione e filosofia nascono tutti da un nucleo comune, esprimendo la stessa cosa in termini, formati e media differenti. Nel processo, ogni aspetto getta luce sugli altri.

 

Questo non è un trattato accademico. Il mio interesse in Spare è assimilativo: vale a dire esso è del più grande interesse per la luce che getta sulla iniziazione, o esperienza magica o mitica mentre io la vivo. In questo processo vengono generate alcune correnti trasversali straordinarie. Vi è qui un esempio di questo in seguito nel saggio, quando un dipinto di Spare fu il nucleo di un sogno che implicava anche la pratica magica che stavo a quel tempo sviluppando; ciò evidenziò una relazione tra la materia-soggetto del dipinto e la pratica magica che, sebbene ovvio in retrospettiva, fu per me al tempo una rivelazione.

 

La Messa-Besz era un termine utilizzato da Spare per descrivere la trasformazione che sostiene l’arte, la magia e la filosofia. Besz era il dio nano dell’antico Egitto, il sempre cangiante, il sempre trasformante; besz è una parola caldea che significa ‘trasformare’. Besz o Vesz è il dio-nano o la volontà in germoglio che è Colui che Viene Sempre, la cui natura è non Essere ma Andare, e che perpetuamente si crea di nuovo attraverso un processo di continuo cambiamento. La Messa di Besz celebrava così la danza perpetua della trasformazione, attraverso cui l’energia primordiale indifferenziata è modellata come forma transeunte, fuggitiva. Queste configurazioni fioriscono, decadono e ricadono nell’energia primordiale, risalendo di nuovo in nuove configurazioni, nuove incarnazioni.

 

Questa intuizione non è unica a Spare, ma è stata sempre al centro del misticismo, come della magia. Nel sistema indù, per esempio, l’esistenza fenomenale è vista come il gioco affascinante dell’illusione, alcune volte chiamata maya, o la Danza di Shiva.

 

La parola ‘magia’ deriva dalla stessa radice di maya; quindi la magia è la manipolazione di maya, il fascino, l’illusione. Molta della magia, o Magick, intesa come mezzo di raggiungimento dell’illuminazione consiste nel comprendere quello che è in essenza la natura illusoria della manifestazione e trovare l’occhio dietro le miriadi di maschere. Vi è una dottrina che sostiene che maya con tutta la sua diversità è simile ad una commedia nella quale tutte le parti sono svolte dallo stesso attore, Brama, che è così immerso in ogni parte da dimenticare la sua reale e continua identità. Poiché ogni parte è un aspetto del tutto, il tutto può essere assimilato attraverso qualsiasi delle parti; quindi la grande rivelazione di William Blake di vedere l’intero mondo in un granello di sabbia.

 

Spare ha lasciato un sostanziale corpo di opere. Oltre i suoi dipinti vi sono diversi grimori, così come saggi su soggetti tali quali la teurgia e la cartomanzia. Egli era un artista estremamente dotato; e tuttavia, non isolando la sua opera d’arte da altri canali di espressione che egli utilizzava, è la stessa opera d’arte quella che io considero quintessenziale.

 

In molto del suo lavoro di scrittura il cuore è nell’opera d’arte che lo accompagna; così, per una reale comprensione di Spare noi ci rivolgiamo alla sua opera artistica. La produzione fu prolifica e la diversità è sorprendente. Essa varia da ritratti commissionati che portarono il pane e il burro, ai suoi disegni automatici che erano spesso in matita e acquarello, ai quadri a pastello pieni di vita e affascinanti degli anni ’40 e ’50. Tuttavia persino nei suoi ritratti più prosaici, compiuti in breve tempo per i soldi per la birra, vi è una vitalità e una scioltezza che lo fa mettere alla pari con il suo lavoro ‘occulto’ più palese. Kenneth Grant, scrivendo nel catalogo per l’esibizione di Spare del 1949, cercava di definire quello che lui considerava così straordinario dell’opera dell’artista:

 

… Credo che la risposta risieda nell’abilità di Spare di vedere in modo risoluto la visione dell’Anima della Forma – la Messa di Besz della Materia di cui egli è, ed è sempre stato, continuamente preoccupato. Egli non sta cercando di smascherare l’anima dello spirito, ma l’anima del senso, della essenza di brama terrena che va a comporre i visi, gli occhi, le bocche. Noi sentiamo che una vita separata esiste in ogni particela del viso, che l’intero è una serie di complesse combinazioni, non a riposo, ma combattendo interminabilmente l’una con l’altra nella rovinosa frustrazione della forza che non può mai cessare fino a che tutte queste volontà sono sempre in guerra. E tuttavia viene generato in qualche modo nell’osservatore di questi inquietanti specchi di se stesso uno stato di pace e tranquillità.

 

… Incomparabile come disegnatore del Viso e della Forma, egli, come il suo fratello del regno della parola – Arthur Machen – non ha eguali nell’abilità di cogliere quei toni sommessi che si annidano sotto la semplice e apparentemente comune forma delle Cose.

 

Alcuni lo potrebbero descrivere, forse, come uno che è arrivato a faccia a faccia con tutto il Male, intingendo il suo pennello e penna nei suoi fiumi velenosi, e, con abilità accurata, tracciando percorsi di peccato e follia sul viso dell’umanità. Io preferirei dire che egli ha visto il potere della Forma, della Materia stessa, pulsante con una brama mortale, cieca e fatale, al reale Cuore di Tutto.

 

Tra l’opera tarda di Spare, degli anni ’40 e ‘50, vi sono molte eleganti illustrazioni della Messa di Besz. Una è Mente e Corpo, un magnifico disegno a pastello su legno che fu proposto nella sua esibizione del 1953, e che fu riprodotto come frontespizio di  The Witches’ Sabbath (Fulgur, Londra, 1992). Al centro del dipinto vi è la testa di un uomo. Dall’altra parte immagini della testa ricadono, come eco sfumata nell’infinito. Il colore del legno è stato intensificato, enfatizzando le trasformazioni della forma e suggerendo interconnessioni di filigrana tra i diversi elementi del dipinto. Sopra la testa dell’uomo vi è quella di una donna che sorride enigmaticamente, un serpente intorno al suo sopracciglio. Sotto la testa dell’uomo vi è una massa di materia proteiforme, quasi un ‘brodo primordiale’, fuori dal quale emergono forme preminentemente rettili, primitive, che guardano verso l’alto alla testa dell’uomo. La materia proteiforme è il materiale grezzo da cui vengono intessute miriadi di forme nel corso della Messa di Besz. Il dipinto enfatizza che tutte le forme e le facoltà, non importa quanto complesse ed altamente sviluppate, sono transitorie condividendo una origine comune. Spare commentò nella sua introduzione al catalogo della sua esibizione del 1953:

 

No. 19: “Mente e Corpo” – o la contestualizzazione della coscienza: Il simbolo del serpente è l’energia e l’inconscio: la testa della donna è quel qualcosa che noi chiamiamo ‘subconscio’ (la parte più fertile). La testa maschile simbolizza la coscienza ed il corpo: molti considerano ed altri più facilmente pensano che il subconscio sia inferiore alla normale coscienza, mentre è la mente la nostra occulta onniscienza, con illazioni che si estendono lungo i travicelli del firmamento (come nervi, vene e arterie). L’Ego è semplicemente la ecolalia-echopraxia di qualcosa di più grande. Altre teste rappresentano il campo emozionale, istinti e vite passate. Alla base – la messa di Bess – benthos e forme da cui noi evolviamo e a cui torniamo. L’intero dipinto, un simbolo delle grandi dualità: mente e corpo – maschio e femmina.

 

Spare aveva un amore per le parole arcane che potrebbe sembrare inizialmente di forma grezza e oscura. Tuttavia, come Gavin W. Semple nota nel suo saggio introduttivo ad Axiomata (Fulgur, Londra, 1992), il vocabolario è preciso. Echolalia è un termine usato in psichiatria per la pulsione di ripetere meccanicamente parole appena dette da un’altra persona; il termine deriva dalla parola ‘eco’ e il greco lalia, ‘parlare, chiaccherare’. Il riferimento di Spare all’Ego come essere ‘semplicemente l’eco di qualcosa di più grande’ è simile ad un altro dei suoi commenti, nello stesso catalogo dell’esibizione, che “noi siamo ombra di una grande realtà, cercando di fuggire dalla nostra sostanza, e vagando siamo caduti nell’ebbrezza”.

 

Illazione è inferenza, derivato dal latino illatio, ‘un portare dentro’. Benthos è il fondo di un mare o lago, e significa in particolare gli animali e le piante che lì vi vivono; è derivato dal greco bathus, ‘profondo’. Tutti questi elementi sono stati espressi in Mente e Corpo ed questo conferisce una meravigliosamente chiara intuizione comprensiva della Messa di Besz. Qui la Messa di Besz è la strutturazione transeunte della ‘materia mentale’, la ‘prima materia’. Il riferimento di Spare al “subconscio” non è semplicemente al subconscio personale, ma a campi più ampi e  profondi di coscienza di cui noi non siamo immediatamente consapevoli ma di cui siamo parte. Il seguente riferimento alla “mente” lo rende chiaro: qui significa non semplicemente la mente umana ma la mente cosmica o più profonda della quale la mente umana è una rifrazione o eco.

 

La trasformazione è il tema di molte opere d’arte di Spare. I disegni automatici sono di una linea fluida, intessuta, al di fuori della quale sorge il dipinto. Questo dà una freschezza ed un vigore al dipinto che lo fa apparire scintillare ed oscillare. I disegni automatici di Spare sorsero dal permettere alla linea di fluire dove essa voleva, intensificando o accentuando poi le forme che si presentavano dalla tessitura. Questo produce una immagine che è vigorosa ed in uno stato di flusso e riflusso – dove le figure che appaiono in primo piano sembrano muoversi. L’effetto di tale dipinto sull’osservatore è stimolante ed avvincente, dando una impressione di linee magnetiche di forza che si riversano dall’immagine e si insinuano nella consapevolezza dell’osservatore.

 

L’arte non è una cosa statica, ma dinamica. Essa si distende lungo il tempo; vi è una interazione tra l’arte e lo spettatore. Questo è espresso in modo particolare negli esempi dei dipinti di Spare. Vi è un campo di consapevolezza tra l’opera d’arte e l’osservatore che cambia continuamente. Per esempio sono stato fortunato nell’avere un accesso illimitato ad un pastello del 1955, Ghostly Amalgam. Questo dipinto ispirò la breve storia dello stesso nome nel precedente numero di Starfire. Esso raffigura una tomba, bagnata di colori di malva e porpora. Di fronte alla tomba si erge una figura avvolta in un lenzuolo – la rappresentazione classica di un fantasma. Intorno alla tomba vi è un turbinoso amalgama di forme e ombre, una moltitudine di figure spettrali che vengono in primo piano e ritornano indietro di nuovo. Queste figure si muovono, sono in uno stato di flusso e riflusso; l’intero dipinto è dinamico. Alcune volte la figura avvolta sembra brillare, acquistare vitalità, ed essere sull’orlo di prendere vita. Dopo diversi anni di contemplazione di questo dipinto, emergono ancora in primo piano facce e forme che non sono state notate prima. Senza dubbio l’effetto non è confinato a questo solo dipinto, ma è comune a molti se non la maggior parte. Molti dei dipinti di Spare non hanno un apparente tema occulto: per esempio i suoi ritratti a pastello. La cosa ragguardevole su di essi, tuttavia, è la loro carnosità, la loro presenza – in particolare gli occhi. Essi sembrano sull’orlo di prendere vita.

 

L’interazione tra un’opera d’arte e l’osservatore può andare oltre il pezzo specifico, come il seguente esempio illustrerà. Vi è un quadro di Spare intitolato Sacro e Profano, un pastello del 1954 su legno, che è un collage di immagini, alcune delle quali sono tratte da varie religioni, altre secolari. Queste immagini sembrano emergere dallo sfondo e spingersi l’un l’altra per la stanza. Inoltre spuntando qua e là dallo sfondo e lambendo le figure vi sono lingue di fiamma. Queste fiamme fuoriescono dal Fuoco Sacro che è al centro della creazione. Al cuore di questa profusione di immagine e fiamma vi è una turbinosa spira ribollente di energia, la Messa di Besz.

 

Al tempo in cui la mia attenzione fu colpita da questo quadro io stavo sviluppando una pratica magica che divenne il Sadhana del Serpente-Lam. Nel corso di questa operazione il quadro prese un nuovo significato, e mi divenne chiaro che un’altra forma di questo fuoco sacro era il Serpente di Fuoco, o Kundalini, una delle cui maschere è il Serpente-Lam. Questa nascente comprensione intuitiva si presentò in modo totale alla consapevolezza nel periodo immediatamente successivo ad un sogno, una notte, ruotando lo stesso sogno sul quadro.

 

Nel sogno, il fuoco nella mia sala era acceso [ho un camino a carbone] e notai che il pastello si era trasferito nelle pareti interne del camino Era estremamente appropriato, dato il soggetto del quadro, perché esso doveva essere consumato dal fuoco, ma io mi sentivo addolorato alla prospettiva della distruzione imminente. Mi svegliai da questo sogno, lo valutai per un pò, e quindi mi rimisi a dormire di nuovo. Il sogno continuò ed io ero in una stanza di albergo. Di nuovo il pastello stava trasferendosi verso un altro medium, questa volta verso un grande pezzo di carta. Mentre lo faceva notai che era più grande, accresciuto di vignette intorno alle parti. Guardai le vignette sulla parte destra del quadro e compresi che esse formavano una serie dal basso verso l’alto. Il più basso mostrava un gruppo di persone in piedi, piene di attesa, aspettando. La vignetta seguente mostrava queste stesse persone, ma ora chiaramente toccate da una estasi che si addensa, che io compresi era il risvegliato e sorgente Serpente di Fuoco. Così continuò, riflettendo ogni successiva vignetta l’estasi crescente delle persone. Ogni vignetta era squisita, riconoscibile di Spare nel suo stile ‘automatico’, e sembrava corrispondere in termini di posizione ad un chakra. Fu questo che formulò un parallelo tra il quadro e la pratica, elevando la vitalità e la passione di entrambi.

 

L’illustrazione che accompagna questo articolo [non presente in questa traduzione] è un disegno a matita del 1953 di Spare intitolato Slip-Stream of Memory, ed è stato incluso perché esso è un esempio particolarmente raffinato, incorporando elementi della opera d’arte automatica di Spare. Un flusso è definito come una “corrente d’aria dietro qualsiasi oggetto in movimento”. Alla destra del quadro vi è un ritratto; la figura è in atteggiamento pensieroso, immersa nella contemplazione di una corrente fuggitiva di memorie che si distacca, indietro e accanto. Questa corrente è una massa in ebollizione di facce elementali e qliphotiche che si gonfiano nella scia del ritratto, la scia non soltanto della memoria personale ma, riandando più indietro, al di là della coscienza personale, all’origine della forma nella Messa di Besz. Questo richiama alla mente l’intuizione Buddista che vi è una costante corrente di percezione da istante a istante, e le sole connessioni in questa corrente di percezione sono quelle imposte dall’ego come un atto di memoria. La contemplazione di questo quadro dà un senso della Messa di Besz; permette alla mente di fuoriuscire dalla linea.

 

La descrizione di elementali, familiari, satiri e simili è comune in Spare. Spesso essi sono intrusivi, risorgendo nella consapevolezza da livelli più profondi di coscienza ed emergendo da profondità al di fuori della consapevolezza solita del mago. La percezione della maggior parte di noi è di una identità centrale unificante o ego, intorno a cui i sensi si riuniscono.

Questo potrebbe essere caratterizzato come un ‘fascio di consapevolezza’. Il fascio non è una entità statica con confini fissi; invece la consapevolezza fluisce e rifluisce, alcune volte allungandosi, alcune volte arretrando. Secondo la visione di Spare:

 

…l’identità è una ossessione, un composto di personalità, tutte che falsificano l’un l’altra; un ego faveolato, una catacomba risorgente dove i fantasmi demiurghi cercano in noi la loro realtà.

 

Faveolato è un aggettivo grazioso che indica una struttura bucherellata, simile a una cella, come un favo o nido d’api. L’ego così non è una singola entità ma piuttosto una moltitudine di personalità, di motivazioni o Id; di fatto uno dei suoi migliori dipinti è intitolato, L’uomo è un fascio di Id, e descrive la sintesi di vari differenti Id. Su una scala più ampia vi è il Sé Universale o Cosmico, anche esso è come un nido d’api di personalità, di aspetti che appaiono autonomi. Alcune volte questi frammenti di coscienza si intromettono nel mondo della veglia; alcune volte possono essere identificati come parti di quello che noi consideriamo noi stessi; alcune volte no. Questo perché non vi sono confini ferrei, nessuna divisione definita tra il ‘sé’ e l’altro’ – così come il subconscio ‘personale’ sfuma nell’inconscio collettivo, così noi sfumiamo nell’oceano della coscienza di cui siamo una parte.

 

Come la Commedia di Brama, come la Danza di Shiva, come la perpetua trasformazione di Besz, il continuum di coscienza sembra dividersi, riunirsi e riformarsi. Attraverso la Messa di Besz entità manifeste si cristallizzano dal mare della coscienza, prosperano per un pò e quindi ricadono indietro, emergendo di nuovo in qualche altra forma. Quando diveniamo consapevoli di questo perpetuo flusso e riflusso allora noi cessiamo di essere catturati in queste trasfigurazioni, e realizziamo la nostra identità cosmica. L’opera d’arte di Spare è una celebrazione potente della Massa di Besz, e la contemplazione dei suoi quadri è una strada diretta al vedere dentro di sé.

 

Sé Eterno! Questi milioni di corpi io ho consumato!

Focus of Life, p.12