Arunachala Siva La Natura Vuota del Sé

Nel libro “La Realizzazione di Sé, La Vita e gli Insegnamenti di Sri Ramana Maharshi”, di Sri Narasimhaswami, viene descritto l’episodio di quando Bhagavan apparve ad un devoto nella sua vera forma. Il devoto aveva chiesto a Sri Bhagavan: “Per favore mi permetterai di vedere la tua Forma Reale, se io ho i requisiti necessari per vederla?” Nelle parole del devoto, “Egli silenziosamente mi guardò come sempre e io lo fissai nei Suoi occhi. In quel momento scomparvero alla mia vista il suo corpo e anche l’immagine di Dakshinamurti. Davanti ai miei occhi vi era solo spazio vuoto, senza neanche un muro.”

Dopo un mese questo misterioso incidente Bhagavan disse al devoto: “Volevi vedere la mia forma. Hai visto la mia sparizione. Io sono Informe. Così quella esperienza potrebbe essere la reale verità”.

Ora se noi ci fermiamo a considerare il significato di questo meraviglioso fenomeno siamo colpiti dal fatto stupefacente che questo è quello che quotidianamente avviene a ognuno di noi. Ogni volta che entriamo nello stato di Sushupti, o sonno profondo senza sogni, gli oggetti svaniscono come sono spariti misteriosamente per il devoto nella citazione summenzionata. La differenza, naturalmente, è che il devoto – per l’imprevedibile Grazia di Bhagavan – entrò nello stato di sonno profondo o informe mentre era sveglio! Ma nondimeno il messaggio racchiuso nell’incidente è di quelli che potrebbe e dovrebbe avere conseguenze di vasta portata nelle nostre vite quotidiane, perché noi dovremmo sempre combattere per realizzare la natura Vuota delle cose e fondersi in quello stato di consapevolezza informe dove le cose sono svelate nella loro verità, realtà ed essenza.

Dovremmo ricordare in questa connessione il quarto verso di “Ulladu Narpadu” dove Bhavagan dice: “Se uno ha forma, il mondo ed anche Dio saranno rappresentati di conseguenza. Se uno è senza forma, chi è colui che vede quelle forme e come? Senza l’occhio vi può essere il visto? Veramente se stesso è l’Occhio, e anche quello l’Occhio Infinito”. Se noi ci identifichiamo con il corpo allora il mondo si spiega intorno a noi in forma corporea concreta. E cosi via per ogni tipo di corpo attraverso cui noi guardiamo, perché a seconda della natura dello strumento che noi usiamo la corrispondente proiezione del mondo sarà sempre in completo accordo con essa. Tuttavia ci viene detto dai Rishi che il Reale non può mai essere visto. E così non fu Bhagavan che cambiò quando il devoto non riuscì a vedere la sua forma reale, ma il devoto stesso. La coscienza di quest’ultimo comprese se stessa in tutta la sua completezza e verità, e la forma quindi scomparve; perché solo il Vuoto è vero e costituisce il fondamento del mondo dell’apparenza. Così la questione non è quella di di cambiare il mondo ma di cambiare il proprio punto di vista, di spostare l’occhio vedente dall’organo fisico, che può soltanto proiettare la massa corporea, all’Occhio dell’Infinito che ha cognizione solo della grandissima Beatitudine e che vede soltanto il Vuoto, perché Esso Stesso è di natura Vuoto.

È del tutto chiaro da molti commenti che Bhagavan fece di tempo in tempo che Egli non considerava la sua forma corporea essere più reale di un Suo dipinto o fotografia. Quando un devoto una volta ebbe il permesso da Bhagavan di portare via un Suo ritratto, Bhagavan commentò: “Egli sta portando con lui Swami”. E quando il momento del Mahanirvana si avvicinò Egli insistette che Bhagavan non era il corpo. Inoltre che Lui avrebbe dimorato eternamente dove Egli era sempre, perché in quale altro posto poteva andare, divenuto per sempre il Vuoto e l’infinito Arunachala Siva nel Cuore del devoto. E così di nuovo Egli insiste sull’identificazione del Reale con la natura Beata del Vuoto.

Bhagavan ha dichiarato il solo modo di scoprire il Reale, perché quando tutto è detto e fatto, uno è costretto a ritornare alla domanda: A chi appaiono tutti questi oggetti? Chi è quello che vede queste cose del mondo? Ed è evidente ad ogni piccola meditazione che tutto – senza la minima eccezione – avviene soltanto al corpo e alla mente, ed esse sono quindi inutili, perché impermanenti e così illusori. Non vi è un’altra via rimasta a noi che amiamo Bhagavan e il modo con cui Egli insegnava, se non di determinare ora di abbandonare l’interesse in tutto quello che avviene a questo corpo e mente, e di cercare di fondersi nella natura Vuota dietro tutte le apparenze. Noi non possiamo più ingannarci a pensare che un modo è buono come qualsiasi altro perché questo non è evidentemente il caso, visto che tutte le considerazioni derivano in definitiva dall’identità di colui che sperimenta e non da quello che viene sperimentato. Bhagavan ha detto che Atmavichara è il solo Sadhana non dipendente dalla attività mentale. Adorare qualsiasi forma, divina o differente, è soltanto darlo per scontato e ritardare l’esito; perché, una volta ancora, Chi è quello che adora?

La via dell’Atmavichara è per coloro che non possono più essere incantati dal fascino di Maya, ma che in modo risoluto rifiutano di entrare in qualsiasi considerazione delle questioni mondane. L’economia, il progresso, la civiltà, sono manie predilette e vili illusioni insignificanti quanto dannose, perché esse appartengono ad uno stato totalmente irreale delle cose che non possono essere niente altro che piene di miseria e inganno. Bhagavan ha chiarito la posizione su tutte queste questioni; noi non possiamo conoscere la natura del mondo fino a che non conosciamo il Sé, e qualsiasi aiuto che noi possiamo immaginare per rappresentare il mondo fino a che la Realizzazione del Sé sia stata raggiunta è soltanto un nuovo carburante al calderone in ebollizione del caos e del disordine che alcuni ci hanno voluto far credere che ormai predomina. Quando Bhagavan fu interpellato su tali questioni – come lo fu spesso – Egli negò la natura disarmonica del mondo, ed indicò la radice del problema nell’ego dell’interrogante che da solo creava, sosteneva e alimentava tutti i problemi che lui pensava di vedere al di fuori di lui. Inoltre, Egli chiese se questi problemi apparivano nel sonno profondo e senza sonno, e uno è forzato ad ammettere che non lo sono, così la vera natura di questi problemi apparenti viene resa manifesta persino al più stupido di noi.

E così tutto si risolve in una singola domanda: Chi sono? Nei libri di Bhagavan, la Verità finale è presentata in un modo di semplicità suprema ed ineffabile bellezza. Dopo aver studiato questi libri e meditando sui loro contenuti, se uno chiede ulteriori domande, semplicemente confonde la questione e dimostra di essere incapace di comprendere persino la dichiarazione di fatto più semplice. Cosi allora, sforziamoci con tutta la precisione di cui ognuno di noi è individualmente capace, di rintracciare il pensiero alla sua fonte cosi che il mondo sparisca alla nostra visione. A quel punto conosceremo alla fine il vero significato dell’incidente meraviglioso riferito alla forma corporea di Bhagavan che sembrò svanire davanti allo sguardo del devoto. Lasciamo che la Sua Grazia Divina operi dentro di noi per questo fine, cosi che anche noi possiamo vedere la Sua vera forma e unirsi al Vuoto, il Sé, il Brahama o Pura Coscienza, privo per sempre delle costruzioni-pensiero, idee e forme.