Occultismo, Stregoneria, Neopaganesimo e mode culturali

Il grande studioso di storia delle religioni, Mircea Eliade (1907-1986), ebbe ad affermare che ”il coinvolgimento nell’occulto rappresenta una delle forme più efficaci di critica e di rifiuto dei valori religiosi e culturali dell’occidente”. Per dimostrare questa tesi ha individuato la nascita di questa, più o meno relativamente recente, moda culturale nella diffusione delle opere di Eliphas Lévi, al secolo Alphonse- Louis Constant (1810-1875), dal “Dogme et rituel de la haute magie” (1856) a “La Clef des grands mystères” (1861), le quali ebbero forse un successo sproporzionato e non del tutto meritato. Difatti riproponevano, in buona sostanza, il pensiero de “le philosophe inconnu” Louis-Claude de Saint Martin (1743-1803), di Jacob Bohme (1575-1624), Emmanuel Swedenborg (1688-1772), Fabre d’Olivet (1768-1825), o Christian Rosenroth, l’autore della “Qabbala denudata”. Lo stesso termine occultismo pare sia stato coniato proprio da Eliphas Lévi per avere successivamente impiego negli ambienti teosofici. A. D. Sinnet, ad esempio, lo impiegò in lingua inglese sei anni dopo la morte di quell’aspirante prete d’oltralpe che si fregiava del titolo di “Abbé”.

In Francia, comunque, la sua scomoda eredità culturale venne raccolta dal dottor Gérard Encausse (1865-1916), più noto sotto lo pseudonimo di Papus. Eppure i rituali praticati da quest’ultimo, almeno in apparenza, sembrerebbero rimandare a quelli formulati da Martines de Pasqually (1727-74) per la sua Franc Maçonnerie des Chevaliers Maçons Elus Cohen de l’Univers. Questi si proponevano, quale scopo iniziatico principale, la reintegrazione dell’uomo nei suoi “privilegi adamitici”, perduti con la caduta, al fine di recuperare la primitiva condizione semidivina di creature fatte “ad immagine di dio”, attraverso  delle tecniche teurgiche ed alchimistiche, ma sostanzialmente di “perfezionamento spirituale”.

Ad emblema di questa restituzione si poteva porre la “ricerca” del Graal, come un’altrettanto consona “vendetta” dei cavalieri templari, ovvero la “ricostruzione” del tempio di Salomone, come in cielo così in terra, e viceversa.

 

Urbis et Orbis

La resurrezione della carne, infatti, rappresenta per l’umanità un nuovo atto creativo, un processo divino totale, in cui è implicita la liberazione, e parallelamente non esclude la credenza, su di un doppio binario, in una pluri-ubicazione dell’anima, lassù e contemporaneamente quaggiù.

Sarebbero in molti a vivere in due dimensioni, nel mondo quotidiano, profano, in cui ci si sente deietti, secondo la definizione di Martin Heidegger (1889-1976); l’altro è invece l’universo interiore, colmo di valori e di forme idealizzate, alla cui costituzione e comprensione si dedica tutta la vita, continuamente arricchendolo di contenuti e significati, un sacro cosmo analogo a quello mitologico dei primitivi. E che i primitivi tendono ad abitare anche realmente, raccolto attorno all’asse cosmico, rappresentato dal palo rituale, da smontare al momento della migrazione e da impiegare come una sorta di bussola per intraprendere una nuova direzione stagionale. Alla cosmogonia corrisponde quindi anche la costruzione della casa e la fondazione della città, entrambe equivalenti ad un nuovo inizio, dopo la “fine del mondo”.

Il sulcus primigenius, tracciato con l’aratro da Romolo, segna il perimetro dell’urbs, la cui medesima etimologia deriverebbe dal verbo arare (urvo) e dalla curva formata dall’aratro (urvum). A questa etimologia agricola si associa quella più ampia di orbis, la quale, da “cosa ricurva”, diviene globo terraqueo, mondo. Ebbene, proprio dentro le mura della città, era situato il mundus, inteso come punto di contatto con gli inferi, con la dimensione ultraterrena, un omphalos segnalatore del centro, ombelico dell’urbis e contemporaneamente della relativa orbis terrarum, divisa dalle direzioni dello spazio in quattro parti, secondo la classica definizione della Roma quadrata.

Forse, anche il gioco infantile della campana avrebbe origini iniziatiche, se ha a che fare con il labirinto, nel quale occorre entrare per poi uscirne subito dopo interamente rinati come, allegoricamente e con finalità esorcistiche, dal mondo degli inferi.

 

Tehom

Gli ebrei ritengono che si trovi al centro del cosmo Israele e che sulla pietra di fondazione del tempio di Gerusalemme sia poggiato il mondo intero. Al di sotto del tempio, la roccia raggiunge, come il mundus latino, le profondità della terra, là dove scorrono le acque sotterranee (tehom), quelle precedenti la creazione, apsu, per i babilonesi; acque del caos primigenio, le modalità preformali della materia cosmica, tutto ciò che precede e che segue la vita, l’aldilà, la dimensione sovratemporale e soprannaturale. Tale immagine verticale ha pure un corrispettivo, diremmo geografico, nello spazio orizzontale delimitante il territorio abitato e separatore delle regioni indicate come estranee, desertiche, sconosciute: “hic sunt leones”! Da questa esperienza dello spazio sacro emerge in definitiva sempre quello stesso eterno bisogno di vivere in un mondo intelligibile e soprattutto dotato di senso.

Ad esempio, i Builders of the Adytum, organizzati da Paul Foster Case (1884-1954) basano la loro pratica iniziatica, oltre che sul simbolismo dei tarocchi e sulla tradizione quabbalistica, come i massoni, anche sul mito della costruzione.

 

The Hermetic Tradition

Nel XVIII e XIX secolo, le scienze occulte andarono occupando un grande spazio nell’immaginario collettivo e molti intellettuali si fecero prendere dall’ossessione per l’ignoto o dalle “vertigini dell’invisibile”. Joris Karl Huysmans (1848-1907) in “La Bas” (1891) si ispirò a vicende contemporanee coinvolgenti le controversie esoteriche tra due protagonisti di quei tempi, l’Abbé Joseph-Antoine Boullan (1824-1893) e Stanislas de Guaita (1861-1897). Qualcosa di simile, nello stesso periodo storico, sarebbe accaduto pure nel mondo anglosassone, dove la Golden Dawn contava, tra i suoi membri eminenti, poeti riconosciuti a livello internazionale, come l’irlandese William Butler Yeats (1865-1939).

Soprattutto durante il romanticismo accedono alle nozioni metafisiche anche autori tedeschi di fama, quali il Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) del Wilhelm Meister Wanderjahre, o il Friedrich Leopold von Hardenberg, alias Novalis (1772-1801), di Die Lehrlinge von Sais, le cui tematiche ripetono,  in un certo qual modo, una fideistica speranza nella mistica reintegrazione in una primitiva dignità, un ritorno ai poteri originari, un rinnovamento personale. E’ però sempre in Francia che “l’occulto viene utilizzato come un’arma potente di ribellione contro l’establishment borghese e la sua ideologia”, da un canto alimentato dal rifiuto della religione ufficiale e dei costumi sociali e, dall’altro, anche da quello per l’etica e l’estetica imperanti. Alle frange estreme, all’anticlericalismo si affianca la rivalutazione del paganesimo, dei valori della classicità greco-romana, dello gnosticismo e  del Rinascimento.

Magia ed ermetismo hanno svolto un ruolo non certo secondario nella cultura rinascimentale, quasi quanto nella rivoluzione astronomica dell’eliocentrismo copernicano. Frances A. Yates, in “Giordano Bruno and the Hermetic Tradition” ne ha sottolineato le profonde implicazioni, dall’insoddisfazione teologica nella concezione medievale dell’uomo e del creato e dalla reazione alla civiltà occidentale, troppo restrittiva, territoriale, e relativa, all’aspirazione ad una rivelazione primordiale trans-storica, mitica, e universalistica. L’eliocentrismo recava in sé un profondo significato magico-religioso che poteva essere interpretato dal punto di vista esoterico dei misteri celesti, alla stregua dei geroglifici egizi e dei segreti divini.

 

The Witch-Cult in Western Europe

L’avversione della Chiesa nei confronti di pensatori rivoluzionari come Giordano Bruno e le persecuzioni subite dai gruppi eretici e dalle sedicenti streghe hanno notevolmente contribuito a farne lievitare l’interesse da parte di menti già predisposte all’anticonformismo ed alla ribellione.

Margaret Murray, in “The Witch-Cult in Western Europe” (Oxford University Press, 1921), e nei successivi “The God of the Witches” (London, 1934) e “The Divine King in England” (London, 1954), ha interpretato il fenomeno della stregoneria alla maniera di una vera e propria vecchia religione, antecedente il cristianesimo, un culto arcaico di fertilità, che nel suo sopravvivere nel Medioevo, in seno alla religione ufficiale, era stato stigmatizzato a tal punto da subire delle trasformazioni suggerite dal pregiudizio imperante.

Carlo Ginzburg è riuscito a dimostrare, ne “I Benandanti- Ricerche sulla stregoneria e sui culti agrari del Cinquecento e Seicento” (Torino, 1966) che un culto di fertilità, presente nel Friuli nei secoli XVI e XVII, ebbe progressivamente a subire, sotto la pressione dell’Inquisizione, tali mutamenti da arrivare ad uniformarsi alla concezione allora diffusa di stregoneria.

I processi alle streghe venivano istruiti dall’Inquisizione alla stregua dei processi per eresia. Molti studiosi sono giunti alla conclusione che la stregoneria potesse essere stata in certo qual modo indotta e suggerita dalle autorità ecclesiastiche preposte nel XIV secolo a quei tribunali speciali. Altri hanno notato che la stragrande maggioranza dei caratteri attribuiti a streghe e stregoni europei vengono riconosciuti in sciamani di altre aree geografico-culturali, maghi indo-tibetani o yogi tantrici. Questi ultimi infatti, gli aghori, in particolare, si vantano di infrangere tutti i tabù religiosi ed ogni norma sociale: quindi, per loro, orge, incesti, sacrifici umani ed atti di cannibalismo sarebbero all’ordine del giorno.

Il libro di Margaret Murray, “The Witch-Cult in Western Europe”, divenuto sin da subito molto popolare per l’inaspettato successo editoriale, ha esercitato una notevole influenza sull’idea che molti si sono andati facendo dell’argomento in questione. La stregoneria era un culto arcaico, avente per oggetto principale una divinità bifronte, identificabile con Giano, o meglio Diano, da cui la definizione di Dianismo, oltre che con il cornuto Cernunnus celtico.

 

Benandanti

Le successive indagini di Ginzburg sui Benandanti furono rivelatrici sostanzialmente dei loro incontri notturni, in gran segreto, quattro volte l’anno, alle “quattro tempora” cioè, durante i quali potevano usare come cavalcatura dei piccoli animali quali lepri o gatti. Il rito principale si incentrava su enigmatiche battaglie per difendere il raccolto, la vendemmia e quant’altro connesso ai frutti della terra, durante le quali, muniti di rami di finocchio, combattono contro stregoni maligni, armati invece di canne di sorgo.

I benandanti dichiaravano dunque di curare le vittime delle fatture perché esercitavano la magia bianca e di essere reclutati tra i nati con la camicia (la membrana amniotica), da un angelo celeste, tra i venti ed i 28 anni. Legati al vincolo di segretezza ed organizzati militarmente, si riunivano al rullo del tamburo ed al seguito di uno stendardo di ermellino bianco e dorato. Il loro viaggio verso la località del raduno avveniva, però, in spirito. Cadevano in uno stato di prostrazione, o di vera e propria catalessi, durante la quale l’anima lascia il corpo.

 

Frau Selga

Il complesso di credenze che caratterizza i benandanti, ha osservato Carlo Severi ne “Il Percorso e la Voce”, (Einaudi, Torino, 2004), si organizza intorno ad alcuni temi centrali, quali l’apparizione, o “ritorno” dei morti, la battaglia notturna tra potenze rivali, il sabba demoniaco, l’idea “sciamanica” di una mobilità dell’anima che può abbandonare il corpo; ma si sviluppa poi in due direzioni diverse, una connessa ai riti funerari, l’altra alle celebrazioni contadine per propiziare la fertilità dei campi. Si parla confusamente di una misteriosa divinità femminile, ad esempio una certa frau Selga, prossima alla Perchta di cui lo stesso Ginzburg tratta in “Storia notturna. Una decifrazione del sabba” (1991), eppure ciò che constata Severi è “piuttosto una forte esitazione, un turbamento della sensibilità, una sospensione angosciosa del giudizio…”

“ I benandanti friulani non sono affatto un gruppo omogeneo di persone che condividono  una sola concezione del mondo, dominata da certe rappresentazioni rituali. Essi diventeranno tali, e saranno percepiti come un gruppo eretico soltanto quando, con l’esplicito uso della forza, quelle rappresentazioni si troveranno inserite dall’esterno, e tardivamente, nel modello della stregoneria elaborato dalla Chiesa. La coerenza del sistema delle credenze dei benandanti – quel che ne fa la negazione della dottrina – viene da fuori, proviene dal riconoscimento, prima inferito da sparsi indizi, e poi dalla formulazione esplicita, da parte dei giudici della Chiesa, di un’antidottrina…”

“I testimoni dei riti legati alla stregoneria dichiarano che quando, di notte, un benandante, che sembra sprofondato nel sonno, in realtà si alza e se ne va in sogno, bisogna stare attenti a non rivoltarne il corpo. Se ciò avvenisse, dicono ancora quei testimoni, l’anima in forma animale del benandante partito nei boschi lontani non potrebbe più ritrovare, la mattina seguente, al ritorno a casa, un orifizio (la bocca) attraverso il quale rientrare nel corpo. Il benandante, in quel caso, morirebbe…”

L’avvertimento circa il corpo addormentato proviene da quanti lo osservano dall’esterno e si situa sulla “soglia del contenuto delle credenze… un po’ dentro un po’ fuori”, nelle case dove restano i non partecipanti. Il dettaglio minimo, di cui si parla, appartiene piuttosto ai non protagonisti del rito che si svolge altrove, ha maggiore suscettibilità di essere ripetibile, vicinissimo, quotidiano. Tra i due spazi, tra loro in qualche modo interconnessi, si instaura una tensione tale da consentire a ciò che rimane invisibile, perché lontano, nel campo notturno della riunione segreta alla quale non si partecipa, di condensarsi in immagine in cui proiettare i dubbi dell’esperienza comune e la credenza in una fantasia “still unaccounted for”. Tra ciò che si dice e ciò che si immagina esiste quella che Severi definisce “una funzione di confine” da applicare alla formulazione della credenza, completando quasi spontaneamente, come avverrebbe tra vasi comunicanti, con qualcosa di favoloso quel “punto vuoto” che si appropria della verosimiglianza di ciò che è del tutto banale.

 

Culto dianico

I combattimenti rituali tra gruppi opposti prolungavano uno scenario arcaico di competizioni e contese, destinate a stimolare le forze creative della natura. Dal 1575 al 1634, dopo ben 854 processi, al culto dianico si sostituisce l’adorazione del diavolo. Le confessioni si adeguano, man mano, allo schema demonologico imposto dall’autorità ecclesiastica. Non si parla più di rito di fertilità, ma soltanto di cure e guarigioni dai malefìci, per assimilarsi, infine ed in definitiva, alla controparte che in origine avrebbero combattuto.

Essendo questo il caso più documentato di trasformazione di un arcaico culto segreto di fertilità, in pratica genuinamente o falsamente stregonesca, i benandanti avvalorerebbero la non del tutto limpida tesi della Murray, pur essendo orfani della menzione di quest’ultima al dio cornuto ed al numero “tredici” relativo ai partecipanti alla coven, congrega.

 

Wahrwolff e Strigoi

Ancora nel 1691, un lupo mannaro (Wahrwolff) lituano confessa di lottare contro il maligno tre volte l’anno, la notte di santa Lucia, di san Giovanni ed a Pentecoste.

In Romania, per strigoi, si intendono sia le streghe che i vampiri. Anch’essi nascono avvolti dalla membrana amniotica, che poi, da adulti, tornano ad indossare per rendersi invisibili. Escono nella notte di san Giorgio e di sant’Andrea sotto forme animali, di rospi, cani, gatti, lupi, ecc. e lottano tra di loro, come i terioformi  Wilde Heer, secondo lo scenario precristiano basato sui viaggi onirici ed i combattimenti rituali estatici.

 

Dziane e Santoaderi

Il nome stesso della dea Diana si ritrova qui in quello delle fate dziane; Sinziene è un gruppo particolare di fate il cui nome deriva da Sanctae Dianae. Mentre zinatec è colui il quale viene posseduto, e quindi dianaticus. Ma la divinità autoctona tracio-getica era in realtà un’altra, come lo stesso Mircea Eliade dimostrò in “Zalmoxis: The Vanishing God” (Chicago, 1972).

Quella dei calusari, da cal cavallo, è invece una specie di società segreta (Mannerbund) protetta dalla regina delle fate, Doamna Zinelor, Irodiada , Herodiade, o Arada.

I Santoaderi (da San Teodoro) raggruppano sette o nove figure mitologiche dai lunghi piedi, e criniera. Un giorno dopo la Pasqua, le fate incontrano i Santoaderi, non per combattersi, ma per scambiarsi un mazzo di fiori di melissa (Melites melissophylum).

Questi esempi rumeni rafforzano ancora una volta l’idea della continuità di alcune importanti cerimonie e credenze pagane, strettamente connesse alla fertilità ed alla salute. Di tutti questi scenari mitico-rituali facevano sempre parte degli incontri o delle lotte tra forze opposte o complementari. In ogni caso alla battaglia cerimoniale seguiva la riconciliazione. La bipartizione implicava comunque ambivalenza, perché uno dei due gruppi opposti doveva necessariamente rappresentare gli aspetti negativi di un polarismo finalizzato al processo vitale del cosmo, alla guarigione, come pure alla prosperità.

 

Lucerna extincta

Ogni rito di fertilità richiede una pratica orgiastica, amplessi promiscui, rapporti sessuali indiscriminati. Elementi specifici del Sabba, oltre al sesso sfrenato, sembrerebbero essenzialmente l’invocazione al diavolo, il ritrovo in una località sotterranea, lo spegnimento delle luci (lucerna extincta). Ebbene questi elementi rientrano in quello che potrebbe definirsi come uno standard di accuse rivolte, quando ad un gruppo di eretici, quando ad un altro, e fin dagli albori del cristianesimo.

Giustino martire puntava l’indice contro l’antropofagia, gli incesti e le orge a luci spente (aposbennuntes tes tous luchnous). Clemente alessandrino si rivolge nella medesima maniera ai Carpocraziani, Montanisti, Gnostici; Agostino fa lo stesso nei confronti dei Manichei. Successivamente quest’impianto accusatorio venne adattato ai Messaliani, Pauliciani, Bogomili.

Si tratterebbe, in ultima analisi, di stereotipi (in loco subterraneo, lucerna extincta, ecc.) appartenenti ad universi immaginari, rivelatori però di una specie di sur-realité misteriosa, quanto affascinante, e non certo priva di un qualche rilievo per la nostra più intima vita psichica.

La formula “a luci spente” è presente in Asia centrale come nel nord Europa. Dai circoli shaktici e tantrici di Grawal proviene la cerimonia del coli-marg, così chiamata perché il partner va scelto tirando a sorte il corpetto (coli). Qualcosa di analogo si farebbe tra i rasamandali (circoli di gioco) dei Vallabhacarya, tra gli Innocentisti di Bessarabia, o altre sette russe.

Lo scambio delle mogli è documentato per allontanare le epidemie o alla comparsa dell’aurora australe, nel Sud-est dell’Australia (Howitt); come pure il gioco della lampada spenta tra gli esquimesi, la festa annuale dei Kurdi Dusik nelle montagne Dersim, orge dopo le nozze nelle Filippine ed, in Madagascar, dopo la nascita di un membro della famiglia reale (Westenmarck); e poi anche ai banchetti funebri alle Hawaii (Craxley), o durante la festa della scelta del cappello dei tibetani Amdo (Rockhill).

Le pratiche orgiastiche rituali sono tese a sventare crisi cosmiche o sociali, quali siccità o fenomeni meteorologici avversi, oppure a scatenare ed accrescere la potenza sessuale, o ancora a conferire una sorta di supporto magico alle tappe fondamentali dell’esistenza, come nascite, morti, matrimoni, ricorrenze di fine anno.

 

Nudismo e libero amore

Concludendosi un ciclo, ci si ritrova di fronte alla fine di un “mondo”, per cui le cerimonie celebrano il ritorno al tempo precosmico, quello della totalità sacra, dell’era primordiale, precosmogonica, del caos. Norme e divieti restano sospesi fino alla ricomposizione di un nuovo ordine. In questa “sede vacante” è la natura divina dell’atto creativo o ricreativo, appartenente all’inconcepibile, e quindi ad un ordine diverso, a prendere il sopravvento.

La setta boema degli Adamiti perseguiva la convinzione di recuperare, con il nudismo ed il libero amore, lo stato edenico dell’innocenza originaria. Il nudismo, nel XIV secolo, fu pure professato da Lazzaro, un monaco di Monte Athos. Teodosio, al nudismo, aggiungeva un’ossessiva indulgenza negli eccessi carnali.

La catastrofe dei primi genitori ha condotto al divieto della nudità ed alla perdita della spontaneità in ambito sessuale. Per cui la nudità rituale ed il sesso cerimoniale assumono formidabile forza magica, esprimendo innanzitutto nostalgia per le origini, ed un continuo tentativo di eterno ritorno a quello stato paradisiaco anteriore alla caduta, in cui si viveva un’esistenza gioiosa e spontanea.

La ribellione implica una generale insoddisfazione, una profonda delusione nei confronti di un patrimonio religioso mal gestito dalle autorità ecclesiastiche. Si parte allora alla ricerca di una via che permetta di dare un senso alla propria vita nell’epoca attuale. Questa strada prevede un cambiamento, una rivelazione, una iniziazione personale. Si tratta di una rinascita spirituale, una catarsi che aiuti a fuoriuscire dall’anonimato, dalla solitudine, dal caos esistenziale. Attraverso questa presa di coscienza individuale passerebbe la speranza di una evoluzione dell’umanità, di un miglioramento delle relazioni con la natura. E proprio questo rapporto più sincero con la natura recupera il valore sacramentale della nudità e della sessualità. La pratica naturista e le orge rituali aiutano a liberarsi dalle inibizioni e dai tabù, tornando nostalgicamente alle condizioni edeniche a cui tutti aspiriamo più o meno inconsciamente.

 

Feraferia

I Feraferia di Pasadena sono nati nel 1967 ad opera di Frederick M. Adams e celebrano le festività stagionali con modalità neopagane, dove il nudismo e l’erotismo aiuterebbero il recupero di un senso di riverenza nel trattare la natura e la vita, nonché la restituzione della centralità religiosa all’archetipo femminile. La divinità della nuova era, da lungo tempo repressa, la Gaia Fanciulla, Kore, sia pur nel riprendere certi aspetti da “Alice nel paese delle meraviglie”, consente quella difficile interazione tra le altre divinità antropomorfe della Sacra Famiglia, dalla Grande Madre arcaica, Iside, dominatrice di un passato assai remoto e primitivo, al Dio vetero-testamentario del periodo patriarcale, comprendendo l’avvento del Figlio che si è andato esaurendo nel corso degli ultimi secoli. Senza sacrificare i validi risultati delle ultime articolazioni maschili, la Kore contribuirà a fornire all’esistenza umana un fondamento spirituale del tutto conciliabile con i vincoli materiali.

 

Thou Art God

“…la science fiction è uno dei luoghi in cui con maggior frequenza si accendono le mitologie contemporanee, consentendoci – nell’esatta declinazione delle funzioni ordinative del Mito – di comprendere il quadro del mutamento sociale con un anticipo sensibile sulla maggior parte dei contributi sociologici…”  Sostiene Sergio Brancato in “Sociologie dell’immaginario” (Carocci, Roma, 2000), citato a proposito di “Neopaganesimo” da Francesco Dimitri (Castelvecchi, Roma, 2005). “…La Fantascienza è un metagenere che, riscrivendoli, contiene e riattiva tutti gli altri, ma soprattutto è un orizzonte narrativo che consente di riattualizzare i temi e le figure basiche del Mito, riorganizzandone i segni in modo da restituire il senso del presente attraverso la sensazione del futuro”.

La “Chiesa di tutti i mondi” di Tim Zell ha trovato le sue radici, inventate, in un romanzo di pura fantascienza senza alcuna pretesa di realismo. “Stranger in a Strange Land” di Robert Anson Heinlein (1907-1988) venne pubblicato nel 1961 e narra di un giovane terrestre, cresciuto però su Marte, che, di ritorno sul nostro pianeta, si dimostra un moderno Candide, predicando la piena libertà, il superamento di ogni tabù e soprattutto una certa mistica sessuale. La sacerdotessa Morning Glory avrebbe poi coniato il neologismo polyamory in un articolo apparso sulla rivista underground “Green Egg”.

Una intraducibile parola marziana, “grok”, fornisce il senso del comprendere empaticamente e diventare uno con ciò che si è inteso. Lo scopo che si prefigge allora la “Church of All Worlds” è quello di “grokkare” che “Thou Art God” (tu sei Dio), e di ricollegare gli “aspetti dicotomizzati dell’esistenza…

…Osserviamo che il grande dilemma della società umana di oggi sembra essere l’alienazione causata dal separare uomo e donna, umanità e natura, materia e spirito, luce e ombra, Bene e Male. Lo scopo principale della Caw è di reintegrare o ri-collegare le persone con se stesse, i nostri compagni umani, e con la completezza della Natura vivente che ci circonda…”

Sembra un riferimento esplicito alla cosiddetta “ipotesi Gaia”, elaborata da James Lovelock, e relativa a quel complesso planetario in grado di autoregolarsi, se non disturbato, come un unico organismo vivente. Coloro i quali si sono definiti “fratelli d’acqua”, si sarebbero ispirati però anche al Bene Gesserit descritto ne “Il Ciclo di Dune” di Frank Patrick Herbert (1920-1986), apparso tra il 1963 e l’85, in cui si descrive la nascita di un impero stellare di tipo militare-religioso, analoga a quella dell’Islam.

 

Trasgressione satanista

Il dogma teologico della chiesa di Satana di Anton S. La Vey afferma che il male è relativo ai tempi ed ai luoghi in cui viene perpetrato ed alle modalità in cui viene compiuto. Quelli che sarebbero considerati peccati da parte dei cristiani non sarebbero altro che delle trasgressioni, messe in atto per lo più dietro la spinta di impulsi naturali. Cosicché il satanismo suggerisce di godere appieno della propria umanità, indulgendo senza produrre i relativi sensi di colpa nei piaceri della mondanità, nella gioia di vivere, e soprattutto in una sessualità disinibita. E.J. Moody in Magical Therapy: An Anthropological Investigation of contemporary Satanism (in Religious Movements in contemporary America, a cura di A. Zaresky e M. P. Leon) riconduce così il problema religioso satanista nei termini della psicologia adleriana, ad una consapevolezza di deficit di potere, e contemporaneamente ad una avidità sessuale.

 

Disinibizione

La totale insoddisfazione nei confronti delle istituzioni esistenti spinge anche oggigiorno verso una rottura con il passato, rottura però che si esprime in termini fortemente ambivalenti; per un verso, cioè, con una certa aggressività, sotto forma di ribellione ed intolleranza alle norme dell’establishment vissuto con modalità persecutorie. Il rifiuto delle moderne strutture sociali equivale ad un rifiuto della civiltà e della storia, e ciò ha una forte valenza culturale e religiosa.

La riscoperta e la rivalutazione delle religioni cosmiche e della dimensione sacramentale dell’esistenza quotidiana si concretizza invece nella comunione con la natura, nel nudismo rituale, in spontaneità, disinibizione, consapevolezza di vivere in un continuum infinito presente. L’interesse per l’occulto ripropone la volontà di ripristinare credenze disapprovate  in passato e ritenute superstiziose, ed idee, quali astrologia e magia, bandite dalle religioni ufficiali, coltivando metodi alternativi di realizzazione spirituale, proposte da altre civiltà, quali le orientali, come yoga e tantrismo. La tendenza sembra quella di superare il mondo dei significati della generazione precedente per riscoprire il senso perduto della beatitudine delle origini e riproporlo nell’attualità in un diverso e rinnovato modo creativo di “essere al mondo”.

 

Spermatizzazione

L’essere in possesso della gnosi permette agli pneumatikoi di ritenersi al di sopra della condizione umana, svincolati dalle norme sociali e dai divieti morali. Alle riunioni dei Fibioniti di Alessandria, Epifanio dice che le mogli venivano invogliate a celebrare l’agape con i “fratelli”. Dopodiché, nelle loro preghiere, offrono in dono lo sperma ingoiandolo, in quanto originario prodotto della transustanziazione, e Pasqua di passione. Chiamano psiche il potere che sta nelle mestruazioni e nello sperma da loro raccolto e mangiato (Panarion 26, 9, 3). In questo medesimo testo (26, 8, 1), Epifanio cita i titoli di vangeli gnostici quali il Libro di Noria, di cui, secondo J. Doresse (Les livres secrets des Gnostiques d’Egypte, Paris, 1958), la cosiddetta Ipostasi degli Arconti, travata a Nag Hammadi, sarebbe un compendio.

 

Barbelo Prounikos

Il Padre Spirito primordiale generò Barbelo, Prounikos, nell’ottavo cielo. Barbelo procreò a sua volta Ialdabaoth o Sabaoth e fu quest’ultimo il responsabile della creazione del nostro mondo terreno. Allorquando Barbelo si accorse degli errori del figlio, apparve agli Arconti per sedurli e raccogliere il loro sperma.

I Nicolaiti affermavano che quindi, grazie ai fluidi del potere generatore (gone), ed al sangue mestruale, si raccoglie dai corpi materiali la “dynamis di Prounikos” (Panarion 25, 3, 2). Dunque la procreazione viene considerata un errore in quanto rinnova la divisione della psiche e ne prolunga la permanenza mondana, mentre una progressiva “spermatizzazione” avvicina a Dio in ben due modi, sia reintegrando nello stadio precosmogonico e sia accelerando la fine del mondo.

Nella Prima Lettera di Giovanni (3, 9) si proclama: “Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché lo sperma divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio”.

Anche secondo la dottrina stoica del logos spermatikos, concepito come pneuma igneo, il seme virile contiene quello pneuma che insuffla l’anima nell’embrione. Alcmeone di Crotone collocava il seme nel cervello, sede della psiche e quindi dell’anima. Per Platone la psiche sta nel seme racchiuso in testa, che alita pneuma attraverso gli organi genitali (Timeo 73c, 91°, 91b). Ed in questo concorda Aristotele.

Nell’antico testamento lo pneuma hagion si libra sulle acque per generare la vita. L’equazione luce-sperma la riconoscevano pure i Sezioni, ed i Marcosiani proponevano alle compagne di ricevere il seme della luce. E del resto, per manichei e gnostici la redenzione equivale a raccogliere, conservare e restituire in cielo la scintilla di luce divina nascosta nella materia vivente.

 

Tisthan

“Sono fatto come il seme per una donna, come la luce per l’anno, come il sé (atman) di ogni singolo essere” (Kausitaki Brahmana Upanishad I, 6)

Per Satapatha Brahmana e Taittiriya Samhita il seme virile equivale ad una specie di epifania solare, in quanto è proprio la luce a possedere il massimo potere creativo. “Quando lo emette il padre umano come seme nel grembo materno, è realmente il sole ad emetterlo come seme nel grembo materno” (Jaiminiya Upanishad Brahmana, III, 10, 4-5)

“Colui che è presente nel seme, colui che il seme non conosce, colui il cui veicolo è il seme, sei tu stesso, l’immortale Atman, il controllore interiore” (Bahadaranyaka Upanishad III, 7, 23; III, 9, 28). Nel suo articolo su “Spiritual Paternity and the Puppet complex” (Psychiatry, 8 agosto1954, pag 26), A. Coomaraswamy sottolinea l’equipollenza dei termini tisthan ed instans, presente, pressante.

Attestazioni della consustanzialità di natura divina, spirito o anima, luce e seme, si ritrovano in Tibet, tra i Mongoli, ma anche tra etruschi e latini. L’antenato di Gengis Khan nacque dalla penetrazione nel grembo materno di una scia luminosa discesa nella tenda dall’apertura per il fumo. Servio Tullio ebbe origine da un fallo incandescente proveniente dal focolare domestico della reggia dei Tarquini. Shenrab il fondatore della religione Bon venne partorito da due raggi, uno bianco ed uno rosso, provenienti dai genitali di un uccello arcobaleno, appollaiato sulla testa della madre. L’anima del neonato entrerebbe infatti nella madre attraverso la sutura frontalis, o brahamarandra, quella stessa che viene attraversata al momento del trapasso.

 

La visione della luce

Si dice che in origine gli uomini fossero asessuati. Secondo un’altra versione la luce maschile penetrava la matrice femminile per la moltiplicazione e l’istinto sessuale trovava soddisfazione soltanto con la vista. La sessualità subentrò in seguito, dopo l’esperienza tattile. Quando sopraggiunse l’istinto sessuale, la luce interiore si spense, comparvero le differenziazioni sessuali e contemporaneamente apparvero sole e luna.

Anche nelle icone bizantine ed ortodosse e nelle annunciazioni e natività occidentali, i santi e la Vergine in particolare vengono toccati da un raggio di luce. Il nimbo dei santi ripropone la medesima simbologia, poiché è dalla sommità della testa che proviene la luce, da quella sorta di protuberanza cranica o di turbante, usnisa, che significa “testa che porta un copricapo”.

 

Maithuna

Nell’interpretazione di Candrakirti del rito tantrico segreto, Maithuna, si sottolinea come il rapporto rituale con la yogini (mudra) non preveda emissione di seme, equivalendo al cosiddetto boddhicittam notsrjet.

Durante il Maithuna “io non esisto, né nient’altro esiste” (Tantraloka, v.64). Kula è Shakti, akula è Shiva: akulavira è l’asceta, eroe solitario, androgino, che è ogni cosa, perché “non è né Shiva né Shakti, cioè è uno al di là di loro”.

Abhinavagupta, nel Tantraloka descrive il Maithuna come finalizzato alla realizzazione di anandavisranti, quiete nella felicità. Durante il cerimoniale quindi occorre raggiungere quello stato di quiete completa, visrantidharma, che consente di avvertire tutto dentro di sé. Il  viso della Shakti è il chakra più importante, per cui l’eiaculazione dovrebbe avvenire nella bocca femminile. E Jayaratha suppone passaggi multipli del seme dalle labbra della donna a quelle del partner per venire raccolto infine in un vaso consacrato.

 

Kundagolaka

Il kundagolaka è una mistura di seme e sonita, secrezioni femminili, conservato in un’ampolla cerimoniale per essere eventualmente ingerito ritualmente, quale riproduzione del processo di creazione. Kundagolaka è omologo di citta, la coscienza preesistente imprigionata nel corpo. Il riassorbimento corrisponde alla reintegrazione nella coscienza primordiale, unica realtà, pura ed irremovibile potenzialità, Shiva.

 

Jivanmukta

Sono i Tantra buddisti a porre il loro fondamento filosofico sulla dottrina madhycamika dell’unità di Nirvana e Samsara, assoluto o realtà ultima ed esperienza umana (non essere). L’unione di questi opposti produce la realizzazione del paradosso del Jivanmukta. Questi, liberato in vita, partecipa dell’immortalità pur stando nel mondo. Il Boddhisattva ha la sua dimora in Nirvana, ma si manifesta in Samsara. Sazio e soddisfatto (santa) gode comunque degli oggetti di desiderio (kamaguna), e, nell’osservare scrupolosamente il dharma, si diverte nei giochi e con le donne.

 

Yvarenah

Dalla fronte di Mitra parte il fuoco fiammeggiante. Zarathustra è stato procreato dallo xvarenah, fulgore, di sua madre, pari al liquido divino haoma, il vedico soma, ricolmo di xvarenah. Il bianco haoma viene trovato nell’acqua sotto forma di Gokarn, l’albero della vita, piantato in mezzo all’oceano Vourukasa. Una sostanza ignea collocata nell’acqua delle infinite potenzialità della vita. Il seme virile è quindi paradossalmente in uno e liquido e igneo.

 

 

Sophia

  1. Reinggren, in Word and Wisdom (Uppsala, 1947), riferisce che gli ebrei gnostici descrivono in termini analoghi la Sophia, quale “opportuna nel rapporto sessuale”, rendendola così, come l’Ennoia, equivalente di prajna e vidya.

Il manicheismo parlava della Concupiscenza creatrice di una prigione attorno alle divine particelle. Asqualun e Namrael, un demone maschio ed un angelo femmina si accoppiano per procreare Adamo, dopo aver assimilato la maggior parte di luce esistente.

 

Melannu

Appartenendo alle religioni iraniche sono tipici del manicheismo: la concezione delle tre ere (la precedente, la presente e l’eschaton), la seduzione degli arconti, come la teoria del miscuglio cosmico (gumescin). E’ proprio dalla volontà di porre fine allo stato di miscuglio che scaturisce la necessità d’una separazione soteriologica. Operando correttamente il sacrificio zarathustriano, yasna, si ottiene lo stato di maga, una trance lucida ed attiva che conferisce potere xsantra e la mistica capacità di vedere (cisti) le realtà soprannaturali. Lo xvarenah potrebbe venire paragonato al regale melannu mesopotamico, il divino splendore dei re. Lo stesso concetto tradizionale di fortuna deriverebbe allora proprio da queste credenze.

 

Nirvikalpa

Tathagata e Skandha sono elementi luminosi ed hanno cinque luci di cinque diversi colori. Il Buddha è immerso in una luce abbagliante per cui il nirvikalpa è l’intuizione immediata di queste luci, corrispondendo alla conoscenza mistica della verità assoluta, boddhicitta (pensiero dell’illuminazione) e bindu (goccia) che discende, “sicut unguentum in capite, quod descendit in barbam…”  (Salmo 133 del testo masoretico, 132 versione dei 70), dalla sommità del capo per riempire di luce gli organi sessuali. La meditazione da effettuare durante l’unione verte quindi sul Vajra (la virilità) e sul Padma (utero), visualizzati  come organi riempiti all’interno di quintuplice luce.

Nella “Parafrasi di Shem” (al numero 27 della biblioteca di Chenoboskion) si descrive il viaggio estatico con visioni mistiche di nuvole dai differenti colori: “la nuvola di pneuma è simile al sacro berillo, la nuvola di Imene è di smeraldo splendente, la nuvola del silenzio è di delizioso amaranto e la nuvola di Mesote è di puro giacinto”.

Nel Guhyasamaja Tantra si sperimentano queste cinque luci mistiche durante il coito, come se questo fosse un gioco cerimoniale (lila), visto che non deve concludersi con l’emissione del seme e la perdita del pensiero dell’illuminazione: boddhicittam notsrjet.

 

Pansessualismo ierofanico

Tra i Desana del fiume Vaupés, nell’Amazzonia colombiana, si riscontra un mito cosmogonico che attribuisce la nascita del genere umano ad alcune gocce di seme distillato dai raggi solari. Gli antenati vennero guidati da Paguri-maxe su di un enorme canoa, formata da un gigantesco serpente. Paguri significa “fallo eiaculante” ed, al pari della luce solare, anche l’anima dello sciamano (payé) è giallo dorata, rafforzando l’identità con la virtù fertilizzante del sole. Ogni payé possiede un cilindro di quarzo, detto “fallo del sole”, simbolo del seme virile.

Si conclude che, tra i Desana, tutte le rappresentazioni, i personaggi e le attività religiose recano un significato sessuale. Ed uno dei motivi di questo pansessualismo ierofanico sembra riposto nell’identificazione luce, calore, origine e perpetuazione della vita.

 

Occhi come organi sessuali

Se la luce del sole è un seme virile di origine divina, le visioni estatiche iridescenti procurate dallo yagé, corrispondono ad un rapporto sessuale. La donna yagé fu ingravidata dallo sguardo. E gli occhi sono organi sessuali e l’atto di vedere corrisponde a quello di fertilizzare.

Il malocchio diffuso nel meridione d’Italia contiene un’allegoria molto vicina, anche se interpretata di valore negativo, nell’atto cioè di “depositare” qualcosa di malvagio.

Durante il rapporto carnale l’organo maschile è soffocato; questa piccola agonia induce delle visioni. Assumere lo yagé equivale ad un coito spirituale, analogo alla comunione cristiana ed ad una comunione di anime, ma è anche un po’ una morte, un ritorno al grembo materno, un riassorbimento nel cosmo primordiale. I significati erotici derivano dalla teologia solare in cui il sole padre ha generato ogni cosa. Ma ciò che importa ad ogni livello di rappresentazione e di comprensione delle innumerevoli valorizzazioni delle esperienze di luce, riconduce sempre alla creatività della mente umana.

 

René Guénon

Nonostante il fascino esercitato su scrittori e poeti di chiara fama come Bréton, Lautréamont, Daumal, Baudelaire, Verlaine e Rimbaud, la critica più pungente ed erudita alle pratiche occulte provenne proprio dal più noto, significativo ed importante rappresentante dell’esoterismo tradizionale, René Guénon (1886-1951).

Le tradizioni esoteriche autentiche sopravvivrebbero soltanto nelle dottrine orientali, difficilmente rese disponibili alla mentalità occidentale, destinata tra l’altro ad un ineluttabile declino, trovandosi nella fase terminale del ciclo cosmico del Kali Yuga. Un residuo del sistema tradizionale primordiale sarebbe conservato da un ramo dei raggruppamenti latomistici, senza però che gli stessi adepti siano consapevoli di tale eredità.

Sarebbe questa sostanzialmente la tesi sostenuta nei suoi libri, “Orient et occident” (1924) e “La Crise du Monde moderne” (1927), dopo aver demolito ne “Le théosophisme, histoire d’une pseudoreligion” (1921) molte di quelle consorterie esoteriche di cui anche lui aveva fatto parte. I suoi discepoli (Frithjof Schuon, M. Pallis, T, Burckhardt) hanno continuato a rimarcare la funzione della tradizione esoterica in seno a determinate culture.

 

Journey to the East

Oggi l’immaginazione artistica e letteraria si dipana in una congerie di correnti che non facilitano il compito di chi volesse analizzarle e catalogarle, né si offrono a quella generalizzazione ancora possibile  nei secoli scorsi. Già la letteratura fantastica spiazza ogni tentativo di rapportarsi con le varie manifestazioni dell’occultismo.

Negli anni ’50, “Journey to the East” (1951) di Hermann Hesse (1877-1962) contribuì ad anticipare, in certo qual modo, il revival magico che si ebbe nel decennio successivo, ma su questa scia non sappiamo fino a che punto possiamo spiegare i successi di “2001 Odissea nello spazio” oppure di “Rosemary’s Baby”, nonché le più recenti appendici di Harry Potter e della saga del Signore degli Anelli oppure di Guerre Stellari, ecc.

 

L’età dell’acquario

Con l’avvento dei totalitarismi si ebbe un rinnovato interesse nei confronti del neopaganesimo, e soprattutto dell’astrologia, intesa quale parte integrante di una gnosi rivoluzionaria, in grado di auspicare l’avvento di una nuova era, l’età dell’acquario, vagheggiata dal movimento hippy.

L’oroscopo, sostiene Mircea Eliade, può essere rivelatore di una nuova dignità, dimostrando le intime connessioni del singolo con l’intero universo. Nell’accettare che la vita venga determinata dal movimento degli astri risulta implicito qualcosa di eccezionalmente grandioso nella quotidianità. La sensazione di essere dei burattini guidati da invisibili fili viene compensata dalla consapevolezza di far parte di un mondo superiore e di essere in qualche modo in relazione con un celeste burattinaio. Tanta predeterminazione cosmica dell’esistenza è ancor più esaltante in quanto velata da più fitto mistero. Significa in fondo che l’intero universo si muove secondo un piano prestabilito di cui si fa parte integrante. L’esistenza individuale e la storia dei popoli seguono un certo disegno sconosciuto, ma che procede inesorabilmente incontro ad una meta ignota si, ma apportatrice di senso “a quel cosmo che per la maggior parte degli scienziati è il risultato della cecità del caso; a quell’esistenza che Sartre aveva dichiarato de trop”.

L’ultima grande ondata di popolarità dell’occultismo è giunta a metà degli anni sessanta del secolo scorso, anticipata forse da tutta una serie di libri scientifici sulla storia delle idee e dei movimenti esoterici, a partire dalla scoperta dei rotoli trovati nelle grotte del Mar Morto e della biblioteca di Nag Hammadi.

Gershom Scholem (1897-1982) ha contribuito alla maggior conoscenza della Qabbalà e dei sistemi mistici ebraici, rivelandone l’alta significatività, coerenza e profondità. Joseph Needham e Nathan Sivin hanno dimostrato la struttura olistica dell’alchimia cinese. Gli studi di Carl Gustav Jung (1875-1961) hanno infine provato la dimensione teorico-pratica e soprattutto l’impatto psicologico delle dottrine esoteriche come il tantrismo, lo yoga o la stessa alchimia. La tradizione islamica persiana è stata analizzata da Henry Corbin;  Antoine Favre si è occupato dell’esoterismo del XVIII secolo, René Le Forestier in particolare della massoneria occultista, Alice Joly delle Logge di Lione, Gerard van Rjinbeck di Martines de Pasqually, ecc.

 

Le Matin des Sorciers

Nel 1961, Louis Pawels, discepolo di Gurdjeff, e Jacques Bergier, divulgatore scientifico, diedero alle stampe “Le Matin des Sorciers”, con la pretesa di rivelare segreti insondabili del nostro universo, dalle civiltà perdute, dalla fantasia di H. P. Lovecraft, alla seconda Guerra Mondiale, con le influenze iniziatico-esoteriche sull’ideologia nazionalsocialista. Sull’onda del successo del libro, con la rivista “Planète”, avrebbero proseguito il filone, componendo, per lo meno in Francia, addirittura un rilevante problema di sociologia della cultura. La visione ottimistica ed olistica del mondo, con l’abbinamento del tutto inedito tra scienza ed esoterismo, rendeva fascinoso e palpitante ogni argomento trattato. L’alone di mistero contribuiva ad introdurre quell’ingrediente fondamentale per fornire di senso la vita quotidiana, ed al giusto dosaggio, anche di renderla illimitatamente perfettibile. Le meraviglie del mondo, la futura organizzazione del pianeta, le sconfinate possibilità dell’uomo, i misteri dell’universo sono tutti temi che danno accesso a questa dimensione appetibile dell’ignoto. La parvenza di approccio scientifico non avrebbe potuto da sola suscitare tanto entusiasmo collettivo se non si fosse potuta basare su di un carismatico impatto da parte del recente sviluppo della scienza e della “proclamazione dei suoi imminenti trionfi”. La condanna all’ignoranza teleologica sembrava accantonata, e lo squallore della “condition humaine” stava per essere definitivamente dimenticato dal richiamo alla conquista dello spazio come del mondo fisico. Questo sarebbe stato il trampolino di lancio per arrivare a sbrogliare quelle altre dimensioni enigmatiche sino ad ora rivelate solo da gnostici ed occultisti. Ma, in controtendenza al passato, il movimento suscitato da Planète non trascurava neppure le problematiche sociali e politiche del mondo contemporaneo. “… Insomma divulgava una scienza salvifica: un’informazione scientifica che era al tempo stesso soteriologia. L’uomo non era più alienato ed inutile in un mondo assurdo, in cui era capitato accidentalmente e senza uno scopo”.

 

La psicologia del profondo

Nel frattempo si sono andati sviluppando il metodo psicoanalitico freudiano, le indagini sull’inconscio collettivo, la psicologia del profondo, che avrebbero di lì a poco convalidato il valore gnoseologico dei prodotti della mente umana, come i sogni, la fantasia, l’immaginazione.

“Con l’articolarsi delle espressioni dell’inconscio in un sistema significativo, paragonabile ad un linguaggio non verbale, gli innumerevoli universi immaginari riflessi nelle creazioni letterarie hanno rivelato un significato più profondo e segreto, del tutto indipendente dal valore artistico delle rispettive opere”.

 

Totem und Tabu

Se è possibile decifrare significati nascosti dentro quelle che si considerano delle mode culturali, se cioè una teoria, una ideologia, uno stile raggiungono ampia popolarità, non necessariamente ne consegue per essi validità o valore particolare. L’interpretazione dei fatti altrimenti verrebbe accettata indipendentemente dalla sua maggiore o minore aderenza alla realtà. Di fronte ad una concezione in voga, la capacità critica si andrebbe forse affievolendo, e la suggestione si rende spesso assolutamente impenetrabile a quello che dovrebbe essere un giudizio obbiettivo. Tanto avverrebbe in quanto, per lo più, le mode culturali rispondono a degli impulsi, insoddisfazioni, nostalgie radicate nell’inconscio collettivo.

Lo stesso Sigmund Freud (1856-1939) non è riuscito a resistere alla tentazione di generalizzare la sua teoria, accanendosi ad applicarla in ambito antropologico, allorquando ha individuato nel parricidio primordiale l’origine dell’organizzazione sociale, delle restrizioni morali, delle osservanze religiose. Nel 1913, con “Totem und Tabu”, elaborò il “romanzo familiare” della consuetudine sociale tra le specie animali giunte all’umanizzazione. Un padre primitivo e brutale tiranneggia la prole, tiene solo per sé l’harem e non condivide con nessuno la facoltà di riprodurre i propri geni. I figli più riottosi vengono costretti ad allontanarsi, finché, tra questi, alcuni giovani maschi più gelosi, invidiosi ed anche più energici di altri, per conquistare le femmine, non raccolsero il coraggio di eliminare il genitore ormai invecchiato, cibandosi del suo cadavere. “Il pasto totemico, forse la prima festa dell’umanità, sarebbe la ripetizione e la commemorazione di questa memoranda azione criminosa”.

 

La morte di Dio

Dall’equivalenza antenato sublimato con Dio Padre scaturisce la religione del sacrificio, la transustanziazione, il sacramento della comunione, e così via.

Il peccato originale del genere umano verrebbe individuato, allora, più che nell’inosservanza di certi comandamenti, nell’assassinio, nel Deicidio, adombrato forse anche dal gesto delittuoso di Caino. Il fatto di sangue viene infine scontato dal Cristo sulla croce con una morte cruenta. E la religione cristiana si innesterebbe, come ultimo epilogo, su questo filone di crimini ancestrali mondati dal Figlio neotestamentario, secondo la legge del contrappasso.

Eppure, gli studiosi di religioni comparate ribadiscono che il totemismo, non comparendo quale fenomeno universale, non potrebbe ritrovarsi alla radice di tutte le religioni attuali. Persino là dove vige il totemismo, il rituale cannibalico ed il sacrificio non sono delle costanti sempre presenti.

Da ciò Mircea Eliade fa derivare la rilevanza di una moda culturale: “quale che sia il suo valore oggettivo, lo è in quanto il successo di certe idee o ideologie ci rivela la situazione spirituale ed esistenziale di tutti coloro per i quali queste idee o ideologie costituiscono una sorta di soteriologia”.

Il successo di “Totem und Tabu” trova quindi una sua spiegazione già all’interno stesso dell’indagine psicanalitica, nell’analizzare le profonde insoddisfazioni per quelle forme logore del cristianesimo storico. Ebbene, questo impulso a sbarazzarsi della fede degli avi, commisto a senso di colpa, rende conto delle ragioni dell’assassinio di un dio in cui non si vuole più credere, ma di cui contemporaneamente, ed in maniera altamente conflittuale, non si è ancora in grado di sopportare l’assenza.

 

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