L’Arte Spazio di Brion Gysin

“La pittura di Brion Gysin ha a che fare direttamente con le radici magiche dell’arte. I suoi dipinti sono formule disegnate per produrre nell’osservatore il mondo senza tempo o cangiante della magia raccolto nel pennello del pittore – pezzetti di dettaglio vivido e evanescente. . . . I dipinti cambiano costantemente perché tu sei trascinato in un viaggio del tempo su un network di associazioni. Brion Gysin dipinge dal punto di visto dello spazio senza tempo.” (William S. Burroughs)

 

Brion Gysin, il poeta Americano, pittore e romanziere, nacque settanta anni fa in Inghilterra da un padre svizzero ed una madre canadese. Egli divise la sua vita principalmente tra Parigi e Tangeri e fu associato con i più importanti movimenti d’arte d’avanguardia. I suoi dipinti sono esposti nei musei in Francia ed in America, ed è stato insignito come Commendatore Americano dell’Ordine Francese delle Arti e Lettere. Tuttavia, quando è morto il 13 luglio a Parigi egli era ancora una figura all’ombra del suo collaboratore molto più famoso, William Burroughs, e deve ancora ricevere il suo dovuto riconoscimento come un innovatore sia nella letteratura che nella pittura.

Parte della ragione di questa mancanza di riconoscimento è dovuta al fatto che egli lavorò in tante forme differenti: “Il mercato dell’arte non tratta con pittori che scrivono.” Allo stesso modo girare troppo non aiuta: “. . . ti devi immaginare di essere qui tutto il tempo, non ti devi immaginare di andare a giro per 23 anni in Marocco. O se sei a New York, ti devi immaginare di far parte di uno spettacolo. In un certo qual modo è per questo che ti stanno pagando, essere lì per far parte di uno spettacolo. E io ho peccato contro tutte queste cose.”

Egli fu un pittore autodidatta, prendendo spunti da amici come Leonor Fini e da una visita allo studio di Max Ernst: “Semplicemente dalla disposizione degli strumenti e dei colori compresi il fatto che la cosa da fare era di far sì che la tinta facesse il quadro, ma per anni la mia testa seguì la mia mano.” Durante questi anni, alla fine dei suoi venti anni, egli fu membro del gruppo surrealista, che a quel tempo includeva anche Picasso. Gysin non rimase nel gruppo per molto perché fu espulso con l’accusa di non conformismo dal Papa del Surrealismo, André Breton.

Durante la guerra si arruolò nell’esercito americano; si unì ai paracadutisti e si ruppe il polso nel suo primo salto d’addestramento e fu così trasferito ad un reggimento scozzese dell’esercito canadese, dove dovette indossare un kilt apprendendo la calligrafia giapponese. Nell’esercito incontrò il nipote di Josiah Henson, il predicatore schiavo evaso la cui storia venne usata da Harriet Beecher Stowe per ‘La capanna dello zio Tom’. Stimolato da questo incontro Gysin scrisse la biografia di Josiah Henson, ‘To Master A Long Goodnight‘, mentre altro materiale venne incluso in ‘A history of slavery in Canada’ che gli permise di vincere una delle prime borse di studio Fullbright.

Nel 1950 egli andò nella città internazionale di Tangeri con Paul Bowles (che fu il primo a suggerire di incontrarsi con Burroughs). Prima di diventare un romanziere Bowles era stato un compositore (avendo composto musica da teatro per le produzioni di Broadway di Tennessee Williams e Saroyan) e al riguardo Gysin dice, ‘mi insegnò ad usare le mie orecchie.” Essi erano entrambi ammaliati dalla musica del Marocco, ed in particolare dalla musica trance delle confraternite estatiche. La musica trattenne Gysin in quel luogo per anni ed in seguito Paul Bowles attraversò il paese visitando i villaggi remoti con i primi registratori per compiere registrazioni a cura della Biblioteca del Congresso Americano.

Il Marocco doveva apparire inoltre nelle pitture di Gysin che, a quel tempo era influenzato dalle scene che vide mentre sorvolava le isole della Florida da Cuba. Egli gettava il colore liquido sulla superficie e gli faceva prendere la forma di paesaggi astratti. Più tardi, viaggiando nel Sud del Marocco verso il Sahara egli trovò i paesaggi delle sue pitture che prendevano forma intorno a lui nel deserto. Il deserto doveva riempire le sue tele per anni, come la musica doveva riempire la sua vita.

Gysin trovò la sua musica nel piccolo villaggio di Jajouka nelle colline basse ai piedi delle montagne del Rif. Lì sotto una leggera maschera di Islam i musicisti continuavano ancora ad eseguire i Riti di Pan, ogni anno per otto notti, con la musica che veniva eseguita calda e selvaggia per dieci ore durante la notte. (Nei tardi anni Sessanta egli vi portò Brian Jones che vi registrò ‘Brian Jones Presents the Pipes of Pan at Jajouka’.) Egli dispose il ristorante Le Mille e Una Notte in un’ala di un palazzo a Tangeri e portò i musicisti in città così da poter sentire la loro musica ogni notte. Purtroppo lo status particolare di Tangeri come città internazionale venne meno con l’indipendenza del Marocco e così accade per molti dei clienti del ristorante di Gysin. Il ristorante chiuse e Gysin ritornò a Parigi senza alcunché se non un nuovo stile di pittura.

Avendo appreso la calligrafia giapponese nell’esercito egli iniziò ad avere un interesse per la calligrafia araba durante la permanenza in Marocco. Egli vide che le due calligrafie, la giapponese che si muove dall’alto verso il basso della pagina, e l’araba da destra a sinistra, utilizzavano il piano della pagina in due modi differenti ma complementari. Essi vennero riuniti nei suoi dipinti come un risultato delle esperienze con la magia marocchina dove, per formare un griglia cabalistica, “scrivi in un modo e quindi giri la carta e scrivi in senso contrario e così hai chiuso a chiave quello che desideri e così avviene.”

L’altro ingrediente del successivo stile di Gysin fu l’effetto di un viaggio in bus a Marsiglia lungo un lungo viale alberato dietro ai quali il sole stava tramontando. Chiudendo i suoi occhi rivolto al sole “un diluvio schiacciante di disegni intensamente chiari in colori sovrannaturali mi esplose dietro le mie palpebre: un caleidoscopio multi dimensionale che turbinava via attraverso lo spazio.” Egli successivamente sviluppò una serie di Dream Machines (salutata da Timothy Leary come “la più sofisticata invenzione neuro-fenomenologica mai disegnata”) che scatenava queste visioni attraverso un cilindro ruotante sopra un grammofono dentro cui veniva posta una luce per produrre bagliori dalle otto alle tredici volte al secondo. I bagliori di luce che passavano attraverso il cilindro colpendo le palpebre chiuse mutavano il proprio mondo interiore in un campo vibrante di chiari colori elettrici cristallizzati che saltavano e danzavano per l’occhio dietro l’occhio.

Un caratteristico dipinto di Gysin potrebbe avere i suoi segni calligrafici che scorrono attraverso la superficie nel modo suddetto, con i colori che creano un denso sottobosco su strati e strati di movimento. O può essere un piccolo dipinto semi-astratto di una scena di strada di Marrakesh. Un’altro potrebbe essere uno sfondo di onde di colore sulle quali un rullo inciso in modo speciale dispiega una griglia di rettangoli e quadrati costruendo differenti forme della superficie ed in colori differenti, creando un effetto ordinato sopra il quale egli fa danzare i suoi segni calligrafici, prima in un senso e poi nel senso contrario per formare una griglia cabalistica. In qualsiasi caso il risultato è animato di energia.

A Parigi nel 1959 la Olympia Press stava mettendo insieme il primo abbozzo di ‘Naked Lunch‘, i cui temi uscivano dal baule di manoscritti di Burroughs in un hotel senza nome al numero 9 di rue Git-le-Coeur. Al ‘Beat Hotel’ viveva anche Brion Gysin, il quale dichiarava che la scrittura era cinquanta anni indietro rispetto alla pittura e proponeva di applicare le tecniche dei pittori, tali quali il collage e il montaggio, alla scrittura. Se le parole sono la tinta della letteratura, gli scrittori non si stavano sporcando le mani.

Mentre tagliava una intelaiatura per un dipinto un giorno Gysin scoprì che il suo raosio aveva tagliato i giornali sottostanti in frammenti di prosa che riuniti insieme costruivano giustapposizioni significative e divertenti. Il metodo era stato scoperto!

Un semplice cut-up veniva effettuato tagliando la pagina in quattro parti, riarrangiandole e leggendo il testo risultante. “I cut-up erano nuovi perché le parole erano state trattate come semplice materiale, come le immagini lo sono, e trattate in un modo creativo alla maniera di un pittore piuttosto che in un modo metafisico del linguaggio da scrittore come la parte minore del discorso.” Una nuova giustapposizione emerge sempre da un processo di cut-up e mentre, in alcuni casi non hanno un significato immediatamente comprensibile, in altri le parole saltano per incontrarsi creando nuove frasi e nuovi significati. Mentre Gysin e Burroughs si immergevano sempre di più nel mondo del cut-up emerse una linguistica occulta. Sotto il rasoio le parole parlavano.

La procedura del cut-up non fu presentata solamente come una tecnica di avanguardia. Questo era uno strumento per qualsiasi persona: “Le parole hanno una vitalità propria e tu o qualsiasi altro potete farle entrare in azione.” In questo vi era uno strumento di liberazione, e non solo le parole vennero liberate. Gysin e Burroughs vedevano le menti delle persone come esseri controllati attraverso le parole e le immagini che venivano utilizzate dai mass media per far perdere consapevolezza e legarli ad una reazione convenzionale. Il tagliare le linee delle parole era un modo di “scatenare una tempesta nello studio della realtà”, una maniera per andare FUORI. (“La parola cade – la fotografia cade – Uno squarcio nella Stanza Grigia.”) Essa era una maniera di andare oltre il pensiero convenzionale, fuori in uno spazio dove erano possibili le nuove percezioni.

Più recentemente il metodo è stato utilizzato nella scena pop, e sia Jagger che Bowie hanno creato opere cut-up, mentre Genesis P. Orridge dei Throbbing Gristle e Psychic TV è un partigiano dell’intera serie di tecniche di Gysin per l’alchimia della parola e dell’immagine.

Una conseguenza dei cut-up furono i poemi permutati di Gysin. “La Tautologia Divina mi arrivò un giorno con una pagina: IO SONO CIÓ CHE IO SONO, e io vidi che si poteva leggere da entrambi le parti (I AM THAT I AM). Mutai le ultime due parole per avere un migliore equilibrio architettonico intorno al grande CIÓ. Vi fu un piccolo scatto mentre io lo leggevo dalla destra alla sinistra e quindi lo permutavo all’incontrario. SONO IO CIÓ CHE IO SONO? ‘Lui’ faceva una domanda. Il mio orecchio iniziò a correre verso le prime cento venti semplici mutazioni e io udii, penso, quello che Newton disse di aver sentito una volta: una sorta di pazzo scampanio dentro la mia testa, come una esperienza con l’etere, e caddi.”

Nel 1960 Gysin portò un fascio di queste poesie alla BBC dove le fece riprodurre nel loro studio sperimentale con effetti meravigliosi. Una di esse, ‘Pistol Poem’, è una permutazione del suono di uno sparo di pistola: “Presi una delle loro pistole e dissi: registrala ad una distanza di un metro da me, a due metri, tre, quattro, cinque.  E poi noi la eseguivamo e operavamo con la permutazione. Quindi abbiamo preso l’intera struttura e l’abbiamo fatta ritornare indietro su se stessa. E alla fine era “Oh . . . wow . . . senti . . . ah.” . . . e quando le permutazioni furono poste una sopra l’altra uscì fuori un tempo 3/4 e divenne come un piccolo valzer pazzo. Da se stesso! E così il punto importante di ciò, e qualsiasi persona che l’ascolta vede che questa è l’idea, è che te metti solamente il materiale in una certa situazione e gli dai una spinta, e in quel momento le cose escono da sole. E questo è stato sempre il mio principio.”

É un grande peccato che non esista una copia conosciuta della versione integrale di questo ‘Pistol Poem’ perché il suo ascolto alla radio Americana nei primi anni Sessanta influenzò i compositori ora famosi della musica minimale, così come riconosciuto a posteriori da Philip Glass.

Gysin è conosciuto come uno dei padri della poesia Sonora attraverso il suo lavoro con i poemi permutati. Egli portò questo lavoro ulteriormente avanti formando il gruppo Domaine Poétique nel 1960, che usava proiezioni di luce e pitture. Questa fu una anticipazione della arte performance con Gysin che dipingeva sul palco mentre le sue poesie permutate venivano eseguite, o muovendosi dentro immagini di se stesso che venivano proiettate da due fonti di luce che apparivano e scomparivano: “Io per esempio vestivo nero, e allora aprivo una cerniera e indossando una maglietta bianca sarei diventato qualcun altro. . . potevo così essere un’altra persona proiettata entro cui io potevo camminare o potevo uscire fuori da essa . . . ”

Ritornato al Beat Hotel, Burroughs applicò le forbici ai suoi manoscritti, tagliandoli in altri scrittori viventi o morti per produrre ‘The Soft Machine‘, ‘The Ticket That Exploded‘, e ‘Nova Express‘. Queste opere contengono brani estesi di puro cut-up. Questi scuotono la tua testa e la portano fuori dalle classiche tracce lineari ma in verità sono piuttosto indigeribili. Quando il romanzo di Gysin, ‘The Process‘, fu pubblicato nel 1970 i cut-up non vi ebbero una presenza  riconoscibile. Essi però vi erano, “ci sono molti cut-up nel libro e molte cose che sono uscite fuori utilizzando i cut-up, ma sono stati interamente assimilati…echi di tutti i tipi di persone sono stati fatti rientrare in esso così da dargli quel particolare gusto senza tempo.”

Questo è il libro in cui gli incidenti e le avventure degli anni marocchini di Gysin vengono dispiegati lungo un viaggio dal qui al là attraverso il deserto da parte di un professore nero Americano con un registratore. La storia è raccontata da voci che tessono le loro storie nel registratore di Ulys. O. Hanson di Ithaca, New York. Nella prosa caratteristica compressa di Gysin i caratteri pittoreschi e le visioni vivide si elevano dai nastri come un miraggio.

‘The Process’ non vendette molto bene ma dalla sua prima pubblicazione è diventato qualcosa di simile a un libro di culto. La sua ripubblicazione da parte della casa editrice Quartet coincise con la pubblicazione di ‘Here To Go: Planet R101‘ un libro di interviste con Gysin da parte dello scrittore inglese Terry Wilson. Questo libro contiene altre storie da una vita ricca e varia vissuta con gusto e con una consapevolezza brillante.

Ora il romanzo a cui Gysin stava lavorando sin dai primi anni Sessanta è stato infine pubblicato (da Faber and Faber) con il titolo ‘The Last Museum‘ dopo essere stato annunciato nel corso degli anni con brani di abbozzo che uscivano fuori in riviste oscure sotto il titolo, ‘Beat Museum, Bardo Hotel‘. Nella versione finale il Beat Hotel si è tramutato nel Bardo del Libro Tibetano dei Morti, nel quale il protagonista progredisce dopo la morte da stanza a stanza. La vita futura tuttavia non è un percorso tranquillo, mentre l’hotel viene smantellato stanza per stanza per essere trasferito al Museo dei Musei in California. Attraverso le stanze e le pagine svolazzano e ondeggiano in vari travestimenti i cittadini di rue Git-le-Coeur mentre Gysin ci porta dentro un allegra passeggiata che passa a tutta velocità attraverso il tempo e lo spazio; intenso, concentrato, lasciandoci senza respiro.

Di nuovo questo libro è scritto con i ritmi del discorso: “Sogghigni da cani bastardi, che rivelano i più lunghi canini dai tempi di Dracula da cui si dice che lei discenda, secondo Freddy che conosce tutta l’aristocrazia europea sin da un tempo immemorabile, poiché nella sua famiglia erano tutti vampiri perché i loro antenati erano feroci nomadi che venivano dalle steppe russe e bevevano il sangue da una vena del collo dei loro cavalli mentre galoppavano senza fermarsi verso Vienna.” Differenti voci arrivano conversando dalle pagine del libro, le loro storie tutte raccontate da un unico narratore che si trascina attraverso le personalità come cambiando di costume in una rivista dell’anima. Come con la musica che al primo ascolto non ci è familiare questo è un tipo di scrittura che si apprezza meglio a una seconda lettura, quando, come Burroughs dice di ‘The Process’: “Inizi a leggerlo e ti troverai che il libro si legge da sé.”

In un primo abbozzo di ‘The Last Museum‘ vi era un paragrafo acuto: “Quanto stai leggendo questo scritto io sono vivo. Io sono qui su questa pagina. Io sono qui. Io sono QUI!” Altrove egli scrisse: “Io sono l’artista quando sono aperto. Quando sono chiuso io sono Brion Gysin.” Brion Gysin è ora morto; solamente l’artista rimane. Qui. Ascolta: “I pittori e gli scrittori del tipo che io rispetto vogliono essere eroi, sfidando il fato nelle loro vite e nella loro arte. Cos’è il destino? Il destino è scritto: Mektoub significa “É scritto” Così. . . se tu vuoi sfidare e cambiare il destino. . . fai a pezzi le parole. Falle diventare un nuovo mondo.” ‘The Last Museum‘ è l’ultimo nuovo mondo di Brion Gysin.

Lasciamo l’ultima parola al suo amico e compagno cospiratore:

‘Era l’unico uomo che io abbia mai rispettato. Ne ho ammirati molti altri, altri stimati e valutati, ma ho rispettato soltanto lui. La sua presenza era regale senza alcuna traccia di presunzione. Egli era in ogni momento impeccabile. ‘

William S. Burroughs