Cenando all’Angelo e le Piume

Introduzione

Questo articolo esplora il collegamento tra tre elementi della magick – la Conoscenza e la Conversazione del Santo Angelo Custode, extraterrestrialismo e l’Eone di Maat. Il legame è essenziale – spogliati del linguaggio specialistico essi sono differenti sfaccettature di una esperienza identica. L’esperienza è quella del trafficare con campi più ampi e più profondi di coscienza – spesso riferiti come ‘Esterno’ o ‘Al di là’.  Dissolti questi veli di linguaggio specialistico nel nucleo noi troviamo una bella semplicità.

 

‘La Conoscenza e la Conversazione con il Santo Angelo Custode’ è un concetto estremamente affascinante nella Tradizione Magica Occidentale. Fino a che esso non viene sperimentato non rimane altro che un concetto; e una volta che è stato sperimentato il concetto non comporta alcuna relazione di qualsivoglia natura alla realtà. Questa realtà è una intuizione incrollabile nel substrato, la fontana delle acque viventi che è alla base ed infonde il gioco della manifestazione. La comunione con l’Angelo può essere realizzata attraverso una Operazione formale quale la Sacra Magia di Abramelin, o il Liber Samekh di Crowley; o può sorgere con apparente spontaneità, un accumulo di esperienza che raggiunge la ‘massa critica’. Il contatto non avviene, comunque, a comando del mago; è l’Angelo che apre l’Operazione. Questo perché il mago è una sfaccettatura dell’Angelo, non – come lui o lei potrebbero essere portate a pensare – un essere autonomo. L’umano è una espressione terrestre dell’Angelo, niente di più. “Extraterrestre” quindi si riferisce alle vaste estensioni della consapevolezza che si estendono oltre il terrestre, e di cui il terrestre è una espressione limitata.

 

Questa realtà extraterrestre è spesso riferita come l’Eone di Maat, la Matrice o Utero da cui sorge la manifestazione. Gli Eoni sono stati interpretati come periodi di tempo che sono connessi alla Precessione degli Equinozi, ma questa interpretazione superficiale vela la realtà cui il termine punta l’evidenza. Come nell’Angelo e nell’extraterrestrialismo, noi dobbiamo guardare al di là del concetto.

 

Alcuni lettori possono rimanere stupiti dalle principi dei commenti suddetti. Un certo numero di anni fa ricevetti una chiamata inequivocabile per intraprendere la Conoscenza e Conversazione, e mi sembrò chiaro che il Liber Samekh doveva essere il mio strumento scelto. Questo a dispetto del fatto che io non mi consideravo competente in alcune delle tecniche magiche di Samekh; tuttavia, visto che il tempo era chiaramente arrivato, dovetti fare del mio meglio con le abilità disponibili. Mi attenei accuratamente al formato di Samekh in termini di frequenza del rituale, ordine di stadi, etc. Il Liber Samekh è una Operazione molto intensiva, che richiede di mantenere una intensità accelerante e una frequenza dell’Operazione stessa. Questa intensità dà luogo ad un slancio potente, la cui natura ed intensità può essere apprezzata soltanto da qualcuno che ha intrapreso qualcosa di simile.

 

Il dinamismo accelerante delle iniziali dieci lune di Samekh è una preparazione per la undicesima luna culminante. L’aspettativa  è che il dinamismo generato lancerà l’aspirante nella comunione frenetica, orgasmica con l’Angelo. Ma non succede così; l’essenza della luna finale è di aspettare per l’avvicinamento dell’Angelo, che è stato di fatto l’istigatore dell’Operazione. Questa è una lezione estremamente dura; indubbiamente deve essere appresa di nuovo di prima mano dall’aspirante. Vi è un passaggio del Liber LXV, The Book of the Heart Girt with the Serpent che cattura questo punto in modo stupendo:

Il profeta gridò contro la montagna; vieni qui, che io possa parlare con te!

La montagna non si agitò. Allora il profeta andò alla montagna e gli parlò. Ma i piedi del profeta erano affaticati, e la montagna non udì la sua voce.

Ma io ti ho chiamato, e io ho viaggiato a te, e non mi ha giovato.

Aspettai pazientemente, e Tu eri con me dall’inizio.

Questo ora io so. O mio amato, e noi siamo distesi in quiete tra le viti.

Ma questi tuoi profeti; essi devono gridare ad alta voce e flagellarsi; essi devono attraversare acque impervie e oceani insondati; ed aspettare Te è la fine, non l’inizio.

 

La natura dell’Angelo è allo stesso tempo sia semplice che profonda. Essa è una Porta al continuum della coscienza che aleggia dietro la maschera della molteplicità, e che è extraterrestre; questo continuum è inoltre mascherato come l’Eone di Maat, che non è una sequenza di tempo ma comprensione intuitiva nella Realtà. Questa Realtà è sempre presente, velata dalla identità terrestre; noi dobbiamo soltanto cessare di essere ipnotizzati dalle nostre auto-imposte limitazioni, perché diviene apparente che noi siamo la Realtà, siamo sempre stati, e sempre saremo. Quindi la suddetta frase ‘Io aspettai pazientemente Tu eri con me dall’inizio’ è veramente così semplice. La nozione del jivanmukta, colui che è liberato mentre ancora vivente, è gloriosa; dall’altro lato la sola cosa che ci trattiene da questa liberazione è l’illusione che noi non siamo liberi.

Non prendete la mia parola per ciò, comunque. Il tuo Angelo conosce quella piccola taverna stupenda, “L’Angelo e le Piume”, che è sempre lì appena girato ogni angolo…

Cenando all’Angelo e le Piume

 

È bene all’inizio chiarire l’uso del termine ‘terrestre’. Esso indica semplicemente quello che è legato alla terra, o umano. Il veicolo terrestre è una maschera, una incarnazione di una coscienza, i veli che si dissolvono nel corso della iniziazione. ‘Extraterrestre’ quindi indica quello che è fuori o oltre il campo relativamente ristretto della coscienza umana, legata alla terra, terrestre. ‘Oltre’ o ‘Esterno’  è spesso usato in modo simile – quello che risiede al di là dei confini del veicolo terrestre. Un esempio eccellente dell’uso del termine ‘terrestre’ in questo contesto avviene nel primo paragrafo della storia di Lovecraft, Beyond the Wall of Sleep:

… Basandomi sulle mie esperienze non dubito affatto che l’uomo, una volta distaccatosi dalla coscienza terrena, dimori temporaneamente in un’altra vita incorporea di natura ben diversa dalla vita che conosciamo e della quale rimangono, dopo il risveglio, soltanto i più tenui e indistinti ricordi….Si può supporre che nei sogni la vita, la materia, la vitalità, così come la terra conosce tali cose non siano necessariamente costanti; e che il tempo e lo spazio non esistano nel modo come noi da svegli li comprendiamo. Talvolta credo che questa vita meno materiale sia la nostra vita più vera, e che la nostra vana presenza sul globo terracqueo sia essa stessa un fenomeno secondario o puramente virtuale.

La Magick ha un nucleo  mistico – la realizzazione del sunyavada, il vuoto al cuore della materia. Questo vuoto è simultaneamente una plenitudine, nutrendo nelle sue profondità il seme della manifestazione che fiorisce nella sua perfezione e quindi deperisce. Il ritmo dell’universo è mantenuto in una perpetua espansione e contrazione, divenire e assorbimento. L’iniziazione è lo scoprire la coscienza; fa poca differenza se essa sia vista come un viaggio interiore o esteriore, visto che entrambi equivalgono alla stessa cosa. Essa è l’assimilazione della esperienza magica e mistica – un processo di comprensione, di intuizione. La natura di questa intuizione è una consapevolezza che la coscienza non si poggia sull’individuo ma è universale e cosmica; vi è un continuum non una molteplicità di unità isolate.

 

Qualunque sia la natura delle pratiche magiche o mistiche perseguite, il reale cambiamento è al livello di Jnana – conoscenza intuitiva. Quello che cambia non è la coscienza, ma quello che noi abbiamo precedentemente pensato di noi stessi in relazione ad essa. La consapevolezza non è più ristretta al veicolo terrestre; il centro si sposta, armonizzandosi a zone più ampie e più profonde di coscienza al di là di quello che veniva considerato formalmente essere il sé. Il senso di individualità è soltanto una restrizione o prigione fino a che noi ci imprigioniamo là dentro, un legame fabbricato dai nostri preconcetti. Noi siamo tutti sfaccettature dell’universo. Non vi è un sé individuale che sopravvive, ma il flusso e riflusso della percezione, come onde dopo onde che aumentano di intensità. L’onda è una forma transitoria dell’acqua, dando luogo ad un’altra onda. La coscienza si intorbida, buttando fuori ombre dalle sue profondità; queste ombre sono le malie della manifestazione, una commedia perpetua che fluisce e brilla, imperiosa e viva, passando in questo modo e in quel modo. Noi siamo attratti da queste ombre: non come monadi, auto-esistenti, ed eternamente duraturi; ma come ondulazioni transitorie di coscienza che fluiscono verso l’esterno, mescolandosi e fondendosi con altre ondulazioni. In questa incessante tessitura tra la continuità della coscienza, il sé e il non-sé si mescolano e si fondono, scivolando avanti e indietro,  oltrepassando il bisogno soltanto attraverso limiti apparenti che sono sempre stati fluidi.

 

Divenire consci di questa caducità sembra una cosa straordinaria; tuttavia è lo stato più naturale al mondo. Esso è una misura di come ci siamo tagliati fuori dalla realtà  riponendo le coperte sopra le nostre teste, ammucchiandoci nei nostri ghetto. L’iniziazione è un vetriolo, dissolvendo l’illusione della separazione. Soltanto nel riconoscere l’individualità come una illusione, e cessando di stringersi ad essa, noi possiamo vedere passato quello che noi non siamo, al fecondo infinito di quello che siamo realmente. Questa cessione è la spremitura del sangue nella Coppa di Babalon. Essa è una opera di riconciliazione: non il fondersi del sé e dell’altro, del microcosmo e del macrocosmo, l’apparente individuale e il resto dell’universo, che non è mai stato ad ogni modo separato; ma la nostra consapevolezza di quella identità. Questa reintegrazione è un sentiero non di rinuncia, ma di realizzazione – del risveglio ad una identità più ampia, più ricca, più profonda. Essa risiede al cuore della magick, ed è la Grande Opera. Senza una tale visione, vi è soltanto la magia dei risultati che accentua il senso di separazione dal resto dell’universo. Questo è un sentiero di individualità compulsiva, il tentativo di sigillare il sangue nel corpo, che si aggancia al senso di separazione, abituato al flusso e riflusso dell’universo – una marea che inevitabilmente reclama tutte le ombre transitorie per il crogiolo. Questo crogiolo è la Coppa di Babalon, da cui sgorga la gamma dell’esistenza, e dove essa ritorna.

 

L’iniziazione così non è qualcosa che accade ad un individuo. Il veicolo terrestre è una rifrazione di un campo molto più vasto di consapevolezza. Mentre l’iniziazione fa il suo corso, la consapevolezza diviene più ampia e più profonda, meno confinata al veicolo terrestre, e conscia in modo crescente agli accessi che risiedono oltre. Questo non è un processo fisso ma sviluppato con salti di comprensione intuitiva. Il suo corso è alcune volte espresso come un movimento dal sé verso il Sé – la totalità, la coscienza cosmica, di cui il sé è una rifrazione. Tutta la conoscenza è Auto-conoscenza, e l’iniziazione è un processo di ricordarsi, o reintegrazione. Tutte le entità apparenti sono campi di coscienza, egualmente veicoli del Sé. Vi è un mare di sensibilità; noi traffichiamo con campi più ampi e più profondi, e vi è assimilazione: ‘Perché io sono divisa per il bene dell’amore, per la possibilità dell’unione!’ Entità quali Lam e Aiwass non sono più entità nel loro essere di quello che sono gli esseri umani: non remoti esseri maestosi ma egualmente ombre nel campo della sensibilità.

 

I sentimenti di Lovecraft nel passaggio già citato non sono lontani da quelli di Crowley quando scrisse:

La mia osservazione dell’Universo mi convince che vi sono esseri di intelligenza e potere di una qualità molto più alta di ogni cosa che noi possiamo concepire come umani; che essi non sono necessariamente basati su strutture cerebrali e nervose che noi conosciamo, e che la sola e unica possibilità per l’umanità di avanzare come una totalità è per l’individuo di arrivare a stabilire un contatto con tali Esseri.

I traffici di Crowley con Aiwass e Amalantrah sono esempi di tale contatto. Crowley di solito aveva bisogno di un medium per facilitare una tale comunicazione, anche se vi erano occasioni quando la medianità avveniva occasionalmente: per esempio i lampi di Aiwass durante la messa a terra del Liber AL. Nel caso dell’Operazione Amalantrah questa medianità fu fornita da diverse Donne Scarlatte, che furono sensibilizzate dal sesso, droghe e alcool in varie combinazioni e divennero oracolari. Le loro visioni erano spesso localizzate in un Tempio astrale, popolato dai doppi di coloro che prendevano parte alle sessioni fisiche, così come le forme di colleghe che erano a distanza. Frequentemente quello che il medium stava vedendo o udendo non aveva significato per lei ma però oracolare e destinato alla comprensione di Crowley. La comunicazione fu alcune volte esplicita; molto spesso essa fu più sottile, l’essenza essendo comunicata attraverso il mezzo dei numeri, simboli, esagrammi degli Yi Ching, carte del Tarocco, e simili. La comunicazione in questa maniera può sembrare a prima vista perversa, e volutamente oscura. Tuttavia l’uso della gematria ed i simboli possono stimolare salti intuitivi, barlumi di intuizione che sono semplicemente non riducibili ad espressione in parole. Ciò non è dissimile dall’approccio del matematico in termini di puro numero, essendo più preciso che il linguaggio nella sua comprensione. Così, Operazioni tali quali quelle con Amalantrah, o quelle nel deserto algerino nel 1909, vanno oltre il soggettivo – anche se vi deve essere una qualche sorta di traccia di esso, come il brillare della luce attraverso il vetro colorato. Questi sono documenti di contatto con forze extra-terrestri, e il loro valore è comprovato dal fatto che, anni dopo, altri occultisti sono capaci di studiare questi documenti e farne un uso creativo, con il fine di raccogliere alcune delle moltitudini di fili e continuare con essi.

 

Il contatto extraterrestre è avvenuto inoltre nel caso di persone che non si riconoscono come occultiste o maghi. Il contatto non deve essere conscio, ed un esempio interessante di questo si trova nell’opera di Lovecraft, la maggior parte di essa fu scritta come uno sfogo ed un tentativo di arrivare a termini con i suoi intensi ed esotici sogni, straordinariamente ricchi. La citazione è già stata fatta da Beyond the Wall of Sleep; molte altre delle storie di Lovecraft citano il contatto con elementi extraterrestri. Una attenta lettura della sua Selected Correspondence rende chiaro che questo contatto avvenne durante il sogno; durante le ore di veglia entrava in gioco un razionalismo ossessivo e Lovecraft scacciava il significato dei suoi sogni come qualsiasi altro che foraggiava le sue storie. Le storie stesse, comunque, sono un chiaro testamento di quanto profondamente egli fu disturbato da un tale contatto; e inoltre che, anche se molto del suo aspetto razionale cavillatore, egli non soltanto sapeva che il contatto era reale in dimensioni più profonde di coscienza ma comprese inoltre il suo significato. Tale contatto rappresentò l’intrusione di una coscienza aliena nella sua – aliena cioè al suo veicolo terrestre, conscio; aliena nel senso dell’essere fuori dai limiti auto-imposti di quel veicolo terrestre; ma alla fine non aliena, visto che niente esiste al di fuori della coscienza. Il senso di intrusione aliena attraverso la matrice della immaginazione creativa fu espresso da Lovecraft in una lettera a Clark Ashton Smith del 17 ottobre 1930:

… La vera funzione della fantasia è dare all’immaginazione un terreno per una espansione illimitata, e soddisfare esteticamente la curiosità sincera e ardente ed un senso di timore che una minoranza sensibile dell’umanità sente verso gli abissi seducenti e stimolanti di spazio inesplorato ed entità inimmaginabili che si accalcano nel mondo da infinità sconosciute e in relazioni sconosciute di tempo, spazio, materia, forza, dimensionalità e coscienza.

 

Per il mago, il primo chiaro esempio nella sua iniziazione di contatto extraterrestre confermato è spesso la Conoscenza e la Conversazione del Santo Angelo Custode – un contatto caratterizzato come contrassegno della pubertà occulta. È difficile non speculare sulla natura dell’Angelo, visto che questo stadio di iniziazione sembra così grande nella tradizione magica. Come molto altro, comunque, esso è al di là della concezione della mente umana. Alcune volte l’Angelo è delineato come una entità completamente separata da noi stessi, quasi una guardia del corpo spirituale assegnata a sorvegliarci; ad altri le descrizioni risuonano come ricordo di quel venerale concetto del ‘Sé Superiore’. Questo è un termine ambiguo; spesso è semplicemente un caso di qualcuno che estrae le proprie caratteristiche favorite e le coltiva con cura come l’epitome della ‘cultura spirituale’. Al contrario l’Angelo è di una natura che è al di là del veicolo terrestre, e di cui la mente può conservare soltanto barlumi fugaci. Tuttavia non è pertinente se l’Angelo sia un cittadino dell’Interiore o dell’Esteriore, una rifrazione di una consapevolezza quintessenziale o qualcosa di totalmente separato. Non vi è ‘Interiore’ o ‘Esteriore’, semplicemente perché non vi è niente di cui essere dentro o fuori. Noi stiamo tentando di comprendere in termini terrestri, logici, qualcosa la cui natura risiede oltre tale comprensione.

 

Il contatto con l’Angelo non deve essere una qualche improvvisa e travolgente saetta dal blu, come Paolo di Tarso che venne scaraventato a terra dal suo cavallo in una fiammata di visione accecante. Molto spesso è una situazione di una moltitudine di esperienze che sono cumulative, raggiungono la massa critica e quindi assumono forma. Di nuovo, il contatto non ha bisogno di essere percepito consciamente, ma può al contrario fertilizzare dimensioni sconosciute di coscienza, dormienti fino a che vi sia un adombramento. Vi è una comune caratteristica: un legame duraturo è stato ora forgiato tra la mente terrestre e quei campi più ampi e più profondi di coscienza che la nutrono. Questa crescente consapevolezza intima è di valore molto più durevole che qualsiasi spettacolo pirotecnico – la sorta di suono dinamico e furia che molti maghi sembrano aspettarsi dal traffico con l’Angelo. Una iniziazione di tale intensità non è confinata all’occultismo; una simile esperienza corre come un filo attraverso molte tradizioni differenti e discipline. Il segno caratterizzante, comunque, è che vi è una apertura di consapevolezza, una sensitività alle impressioni che non erano state prima percepite. Questo può essere visto lungo la varietà della abilità artistica creativa – arte cioè che non è semplicemente un artifizio umano. Non vi può essere alcun dubbio che artisti tali Beethoven, Dali, Mozart e Van Gogh, per nominarne pochi, stavano gustando qualcosa di così simile al contatto con il loro Angelo, che la sola differenza risiede nella etichetta che viene apposta all’esperienza.

 

Il contatto con l’Angelo non è la realizzazione di un individuo – sebbene, date le profondità della nostra condizione solipsistica è forse inevitabile che essa dovrebbe essere vista come tale. Piuttosto l’impulso per la comunione proviene al di là dell’aspirante – dall’Angelo; è l’indicazione di questo impulso che è l’apertura dell’Operazione. L’opera dell’aspirante risiede non nello sforzarsi per il contatto ma nel prepararsi per l’approccio con l’Angelo. Questo è simile alla vera creatività; piuttosto che fabbricare l’artista cerca di rendere se stesso un canale adatto attraverso cui l’ispirazione è più probabile che fluisca. L’approccio dell’Angelo è alcune volte raffigurato come un lampo di luce, un dardo o lancia, una rapida trafittura. Questo rappresenta un improvviso cambio nella percezione o prospettiva, un veloce cambio di posizione vantaggiosa, come svegliarsi da un sogno. Questi sono guizzi di una consapevolezza più ampia – l’Oltre – straripando anche se in modo momentaneo. Esso è sperimentato come momentaneo dalla mente terrestre visto che questo è il solo modo in cui l’eternità e l’infinito può essere interpretato. Questo approccio dell’Oltre può assumere una miriade di guise. Esso può assumere la forma dei sogni, tali come nel caso di Lovecraft; per un matematico può essere raffigurato nel barlume intuitivo delle sottili profonde ed elusive formule; per l’artista una bellezza e simmetria che non ha mai toccato il suo lavoro prima di allora. In termini terrestri noi abbiamo il contatto con campi più ampi e più profondi di coscienza, o contatto alieno. In realtà l’alieno è l’ultima cosa che esso è; al contrario è la comunione con una identità più profonda, più fondamentale. Questa identità più profonda è alcune volte rappresentata come l’Eone di Maat – che, anche se spesso mascherato come un periodo di tempo, è di fatto un livello di iniziazione. L’Eone di Maat rappresenta questo substrato di consapevolezza advaitica in cui il senso della identità terrestre è radicato e con cui esso è cosparso – una consapevolezza, i cui luccichii costituiscono il contatto con l’Angelo. Una considerazione dell’Eone di Maat, quindi, ha molta luce da gettare sul soggetto del traffico con entità extraterrestri. È bene iniziare con un resoconto degli Eoni in maniera generale, ed alcuni pensieri sull’Eone di Horus in particolare. Questo inevitabilmente richiama  l’opera di Crowley e renderà chiaro che l’Eone di Maat è implicito in quello di Horus.

 

Lungo la maggior parte dell’opera di Crowley, gli Eoni sono presentati in una maniera letterale relativamente chiara: un Eone si estende per approssimativamente due mila anni, essendo segnata la successione degli Eoni dalla Precessione degli Equinozi. Vi furono diversi eoni primevali e preistorici, coprendo molte migliaia di anni, duranti i quali l’universo si manifestò e la vita si evolse. Più recentemente noi abbiamo l’emergere di Eoni come essi sono più familiari a noi – iniziando con l’Eone di Iside. Questo fu segnato da una struttura matrilineare di organizzazione e predominio della femmina, la riproduzione considerata soltanto della femmina da sola. Con essa venne la devozione alla Dea come Madre, essendo il ruolo maschile ristretto a quello di consorte e figlio. Questo fu seguito dall’Eone di Osiride, durante il quale il ruolo della Madre fu rimpiazzato in importanza da quello del Padre, e la struttura sociale divenne patrilineare. Questo a sua volta ha dato luogo all’Eone di Horus, il Bambino Eterno che emergerà, segnato dalla consapevolezza crescente della continuità  della coscienza. L’Eone di Horus è un precursore di quello di Maat, quando viene compresa la natura comune della coscienza. Dopo questo viene il Pralaya, l’assorbimento del manifesto di nuovo nella Notte cosmica. In questo modo la manifestazione è perpetuamente lanciata e riassorbita, in una eterna azione dell’Essere e del Non-Essere, del divenire e dissoluzione.

 

Questa visione si concentra sugli Eoni come lo svolgersi o evoluzione della manifestazione. Essi sono inoltre, tuttavia, stadi di iniziazione o comprensione intuitiva. Questi due modi di considerare gli Eoni – macrocosmico e microcosmico –non sono differenti; essi non rappresentano, proprio, lo stesso principio applicato su piani differenti. La chiave alla comprensione di Maat è advaita: non diviso. La consapevolezza è una continuità, una gamma; una rappresentazione ininterrotta estatica che è tuttavia Silenzio e Niente. Questo stato di cose è rappresentato come 0=2: non vi è semplicemente alcuna differenza tra di essi. Vi sono alcuni interessanti spiragli nella descrizione più letterale della successione degli Eoni. Un Eone è definito come un indeterminato periodo di tempo; esso può essere un istante o potrebbe essere sulla scala degli yuga indù, che durano centinaia di migliaia di anni. Crowely saltuariamente si allontanò da un punto di vista puramente storico. Per esempio il verso 34 del Capitolo III del Liber AL si riferisce all’avvento del prossimo Eone: “…quando Hrumachis sorgerà e colui dal doppio bastone assumerà il mio trono e luogo …”. Il Vecchio Commento, pubblicato in The Equinox Volume Primo, Numero VII, commenta:

Seguendo lui [Horus] sorgerà l’Equinozio di Ma, la Dea della Giustizia, possa essere un centinaio o dieci migliaia di anni da ora; perché la computazione del Tempo non è qui come Là.

 

Dovunque quel “Là” è, chiaramente è al di là del tempo e così indipendente dai fenomeni astronomici come la Precessione degli Equinozi. Altrove Crowley si riferisce alla possibilità che l’Eone di Horus possa crollare tra circa un centinaio di anni dal suo inizio, se l’opera della preparazione non fosse andata bene. Questo è rappresentato come una catastrofe, con un collasso in un nuova Età Oscura, ed è di nuovo interessante come allontanamento dalla visione inevitabile relativa alla evoluzione e progressione della successione Eonica.

 

Non vi è dubbio che una indicazione di quello che giace al di là di Horus è nelle scritture di Crowley, per coloro che si preoccupano di leggere tra le righe. Vi sono accenni di una stretta relazione tra Horus e Maat. Nel nuovo Commento egli ha questo da dire riguardo la stessa sezione del verso 34 capitolo III citata precedentemente:

Notate la stretta connessione tra Leo e Libra nel Tarocco, i numeri VIII e  XI essendo scambiati con XI e VIII. Non vi è violenta antitesi come quella tra Osiride e Horus; la Forza preparerà il regno della Giustizia. Noi dovremmo iniziare già, come io credo, di considerare questa Giustizia come l’Ideale la cui via noi dobbiamo rendere pronta, attraverso la virtù del nostro Forza e Fuoco.

 

Horus è una preparazione per l’Eone di Maat. Quale è la natura di questa preparazione? Meglio ancora per venire al punto, per cosa ci stiamo preparando? Horus è la natura della Forza e del Fuoco, e così purgativo. In questo contesto purifica gli ostacoli all’albore della consapevolezza universale, della coscienza pan-dimensionale o cosmica. Una consapevolezza del Figlio imperituro, sempre prossimo, è la nota chiave dell’Eone di Horus. La morte non è l’estinzione precedentemente considerata, tanto meno il messaggero dell’inferno o del paradiso; ma un tempo di transizione, di passaggio, di incarnarsi di nuovo, l’abbandono di una forma e la riformulazione in un’altra. Atu XIII è una rappresentazione succinta di questo – il nostro vecchio amico è mostrato là non come un Macabro Mietitore che uccide anime torturate ma come un danzatore della riformulazione. La coscienza si intorpidisce, un perpetuo cambiamento di forme.

 

Un purgativo implica la disintegrazione e questa è la funzione dell’Eone di Horus. Essa è l’illusione della separazione, dell’assoluta e sovrana individualità della coscienza che è spazzata via. Questa è dissoluzione, o disillusione – l’erosione dell’idea della separazione dal resto dell’universo, una idea che è sempre niente altro che illusione. Horus disintegra questo senso di isolamento, aprendo la via per la reintegrazione nella consapevolezza advaitica svelata di Maat. Maat è menzionata in vari punti nel corso del Liber 418 La Visione e la Voce, adombrando che l’Eone prenda il posto di quello di Horus. Il riferimento è generalmente a Themis, o Thmaist-giustizia; ma Crowley pone l’equivalenza al di là di ogni dubbio con una nota a piè di pagina in Il Libro di Thoth: ‘Vedi AL III,34. Il riferimento è a Maat, Themis, Signora dell’Equilibrio’. Più tardi nello stesso libro, nel corso di un saggio su Atu 0, Il Folle, arriva un passaggio che identifica Maat con Atu 0, mettendo in vista la rilevanza dell’Eone di Maat:

Nel mazzo medioevale il titolo della carta è Le Mat, adattato dall’italiano Matto, un matto o folle…Se uno presume che il Tarocco sia di origini egiziane, uno può supporre che Mat (essendo questa carta la carta chiave dell’intero mazzo) realmente stia per Maut, la dea Avvoltoio, che è una modifica più remota e sublime dell’idea di Nuith piuttosto che di  Iside.

 

L’affinità con Atu 0, il Folle – che rappresenta, tra le altre cose, l’innocenza della coscienza indifferenziata – è la chiave alla comprensione dell’Eone di Maat. Il Tarocco è un compendio del corso di iniziazione; e l’Atu 0 come Crowley indica sempre la carta chiave nell’intero mazzo. La reintegrazione della coscienza e la dissoluzione della divisione è l’essenza dell’iniziazione.

 

La carta più prontamente associata con Maat è Atu VIII, Aggiustamento, assegnata alla lettera ebraica Lamed e il segno zodiacale Libra. Essa mostra una figura da Arlecchino femminile che piroetta dentro un diamante o una forma a vescica, delicatamente equilibrata. Lei è mascherata, e porta la spada e i piatti della bilancia dell’aggiustamento. La carta è caricata di simboli Maatiani. I commenti di Crowley su questa carta rinforzano la stretta relazione con l’Atu 0 – una relazione la cui contemplazione trasmette così tanto l’essenza dell’Eone di Maat:

Questa donna-dea è Arlecchino; lei  è il partner e la realizzazione del Folle. Lei è l’illusione ultima che è manifestazione; lei è la danza, multicolore, multi-ingannevole, della Vita stessa. Ruotando costantemente sotto lo scenario fantasma dello Spazio e del Tempo tutte le cose sono reali, l’Anima è la superficie, precisamente perché esse sono istantaneamente compensate dall’Aggiustamento. Tutte le cose sono armonia e bellezza; tutte le cose sono Verità: perché esse si bilanciano. Lei è la dea Maat; lei tiene sulla sua nemyss le piume di struzzo della Verità Duale.

Altrove nello stesso saggio Crowley sottolinea che questa carta è il complemento femmineo del Folle. La relazione è così sottile e intrecciata da suggerire identità. Il mescolamento è indicato da un ulteriore passaggio, questa volta da Liber Aleph:

Ora questo Bue è la lettera Aleph, ed è quell’Atu di Thoth il cui Numero è zero, e il cui nome è Maat, Verità, o Maut, l’Avvoltoio, la Madre di tutto, essendo una immagine della Nostra Signora Nuit, ma anche essa è chiamata Il Folle, che è Parsifal, ‘der reine Thor’, e così riferita a lui che cammina nel Tao.

Questi passaggi puntellano con fermezza l’identità di Maat con il Folle, e così forniscono  una intuizione comprensiva sulla natura di Maat. Tuttavia, vi è più che semplicemente un ritorno ad una innocenza indifferenziata, advaitica. Maat rappresenta l’espressione di quella innocenza attraverso la manifestazione. È per questo che Lei tiene la Bilancia; Lei è sospesa delicatamente come una piuma; e, come in un delicato equilibrio, Lei sta compiendo costantemente sottili compensazioni e verifiche al fine di mantenerlo – perché noi abbiamo qui l’equilibrio dinamico dell’Andare, o costante Divenire, piuttosto che il Silenzio e la Quiete dell’Essere. Leggendo l’estratto sopra dal saggio su Atu VIII quello che brilla è un senso di Perfezione, o la Perfez-Ione come Achad la pone. Noi abbiamo una consumazione della manifestazione: l’equilibrio delicato dinamico del Niente e del Tutto. Il Perfetto Ion, o l’Eone di Maat è la perfezione della manifestazione, la sua finale fioritura. Essa è la redenzione della materia, la Figlia salita al trono della Madre. Essa è il crescendo, dopo di che segue il ritorno al Silenzio.

 

Le lettere associate con Atu 0 e VIII sono Aleph e Lamed rispettivamente. La combinazione delle lettere ci da LA (Niente, non) e AL (Dio, il) la cui intimità costituisce la chiave al Liber AL. Crowley considerava la sottile interazione di Aleph e Lamed di suprema importanza, la base per ‘un completo sistema Cabalistico di più grande profondità e sublimità che qualsiasi altro’. Egli continuò dicendo che i dettagli di questo sistema dovevano ancora essere rivelati; ma non è noto se ciò fu completato ma rimase inedito o se la messa a terra da lui compiuta fu mai conclusa. Il resoconto pubblicato più completo è nel testo del Liber V vel Reguli; esso dimostra la natura intima e complementare della relazione tra Aleph e Lamed, Atu 0 e VIII, Il Folle e Aggiustamento, trasmettendo il gusto essenziale dell’Eone di Maat. Esso inoltre rende evidente l’espressione dell’Eone di Maat in termini del Tetragrammaton, in particolare come Hé finale; e vi sono tre brevi passaggi interessanti dal Il Libro di Thoth che sostiene su questo aspetto:

L’Unione del Padre e della Madre produce i Gemelli, il figlio che porta alla figlia, la figlia che ritorna l’energia al padre; da questo ciclo di cambiamento sono assicurate la stabilità e l’eternità dell’Universo. [pagina 54]


Egli [Arpocrate] è anche l’assorbimento mistico dell’opera della creazione; la Hé finale del Tetragrammaton. [pagina 62]

La Principessa rappresenta la Hé finale del nome. Esse rappresentano l’emissione finale della Energia originale nel suo completamento, la sua cristallizzazione e la sua materializzazione. Inoltre rappresentano il contro-bilanciamento, il riassorbimento dell’Energia. Esse rappresentano il Silenzio in cui tutte le cose ritornano. Esse così allo stesso tempo sono permanenti e non esistenti. [pagina 150]

 

Dentro il contesto del Tetragrammaton, Maat è la Hé finale, la emissione finale della “Energia originale” così come il suo assorbimento. Di nuovo Maat è la perfezione, l’Eone Perfetto, il fiore al suo culmine. Come Atu VIII Lei è rappresentata dalla figura sospesa delicatamente bilanciata che piroetta su un punto – il punto del ritorno. Lei è la Perfetta espressione del potenziale infinito del Folle. Essendo fiorita nella perfezione, Lei è sospesa sull’orlo del ritorno o riassorbimento – Il Folle sull’orlo dell’Abisso. Questo equilibrio deve essere visto in termini non di tempo ma di equilibrio perpetuo e dinamico dell’essere e non essere, del divenire. Queste idee sono esili e fugaci per la mente terrestre, che è condizionata dalla dualità e dal tempo. Tuttavia attraverso un processo di contemplazione piuttosto di comprensione intellettuale questi glifi agiscono come ricevitori, portando a terra barlumi di comprensione intuitiva che rimangono per sempre inespressi in termini di ragione ma che bordano l’orlo della consapevolezza. Horus e Maat costituiscono una Doppia Corrente; essi sono eoni gemelli – i Gemelli del Tetragrammaton, il Figlio e la Figlia, la Vau e la Hé finale. Allo stesso modo essi sono Ra-Hoor-Khuit e Hoor-paar-kraat, i gemelli manifesto e non-manifesto che sono Perfezione; e la Perfezione essendo Silenzio è Zain, l’Eone Senza Parola. Questi gemelli sono adombrati in Atu VI, assegnato a Gemini; e la contemplazione di questa carta getta ulteriore luce sulla loro interazione.

 

Atu VI descrive la prossimità dei Gemelli; essa inoltre, comunque, enfatizza la parte disintegrativa o purgativa della formula solve et coagula – la separazione in elementi costituenti precedente alla loro sintesi o reintegrazione. Nell’Atu questo  viene suggerito dalla freccia, che è sul punto di essere scoccata dalla figura di Eros o Cupido verso i Gemelli. La freccia è un simbolo di direzione, e mostra la dinamica della Libera Volontà – che non è essere ma andare, non individuale ma universale. La freccia colpisce tutti i punti simultaneamente in un perpetuo orgasmo; essa è imbevuta alla punta di veleno, una tossina che penetra tutto capace di dissolvere l’illusione della separazione. Il complemento dell’Atu VI è Atu XIV, Arte, che raffigura il volo della freccia oltre il suo stadio disintegrativo. I Due ora sono risolti nella loro sintesi, che è Perfezione. La freccia sta volando Oltre, colpendo l’arcobaleno. Non vi è obbiettivo, soltanto la dinamica del volo. Il volo è verso la Perfezione come noi deduciamo dalla Visione del Quinto Aethyr:

E avendo conosciuto queste [Iside e Nephthys] vi sono le ali di Maut l’Avvoltoio. Tu devi avvicinare alla testa l’arco della tua volontà magica; tu devi liberare l’asta e colpirla al cuore.

 

Maut l’Avvoltoio è un glifo di Maat, e Maat è Perfezione: la perfezione o redenzione della materia, la perfezione dello Zero come Due. La freccia, come la volontà magica, ha la sua propria dinamica; essa è nel suo volo di ritorno, volando verso il suo riassorbimento nella coscienza indifferenziata da cui essa fu liberata, quella coscienza indifferenziata che si sta preparando a fondersi di nuovo nel Nulla. Questo è rappresentativo della Hé finale, la Energia originale nel suo completamento; e il suo contro-bilanciamento, il riassorbimento: il Silenzio da cui tutte le cose derivano, e a cui esse sono pronte a ritornare.

 

Nel 1974 fu ricevuto il Liber Pennae Praenumbra (Il Libro dell’Adombramento della Piuma). Spesso con un linguaggio ricco, ed espresso in immagini fluenti, esso è costituito come una trasmissione dall’Eone di Maat – quindi il titolo. La piuma è un simbolo di Maat, rappresentando il peso contro cui il cuore era giudicato in Amenta. Il mantra principale da questo testo è IPSOS, ‘dalla stessa bocca’:

Dalla stessa bocca, 0 Madre del Sole, è la parola esalata e il nettare ricevuto. Dallo stesso respiro, 0 Contrappeso del Cuore, è il manifesto creato e distrutto.

La ‘Bocca’ suggerisce la lettera ebraica Pé associata con quello che è Atu XVI, la Torre. Questo è un glifo di molte idee frammischiate – il fallo eruttante, l’aspirante che viene distrutto dal lampo dell’illuminazione e la dissoluzione dell’individualità all’impatto del cosmico. Vi è tuttavia un altro aspetto – quello dell’Utero gravido della Madre. Liber 777 dà una corrispondenza per Pé come ‘Il Bambino Coronato e Conquistante che emerge dall’Utero’; più tardi nella stessa sezione del 777 questi bambini sono riferiti come Horus e Arpocrate. Crowley compie una riferimento più esplicito a questo aspetto dell’Atu XVI nel corso del suo commento sul Comment on Liber LXV.

Pé è la lettera di Atu XVI, la “Casa di Dio’ o ‘Torre Distrutta’. Il geroglifico rappresenta una Torre – simbolica dell’ego nel suo aspetto fallico, tuttavia chiuso cioè separato. Questa Torre è colpita dal Lampo dell’Illuminazione, l’impatto del H.G.A. e la Spada Fiammeggiante dell’Energia che procede da Kether a Malkuth. Quindi sono presentate due figure rappresentando con la loro attitudine la lettera Ayin: questi sono i gemelli (Horus e Arpocrate) nati alla apertura della Vagina della Madre (il secondo aspetto della Torre come ‘fonte chiusa, una fontana sigillata’).

 

Questa Bocca è la Porta attraverso la quale la manifestazione deriva, e a cui ritorna; dalla stessa bocca è la parola pronunciata ed assorbita. Vi è una chiara connessione con i commenti precedenti riguardo il Tetragrammaton, ed in particolare con i Gemelli – il Figlio e la Figlia, la Vau e la Hé finale. I geroglifici si riuniscono, nessuno può essere definito e gli si può assegnare un significato definito, chiaro e senza ambiguità. I quattro elementi del Tetragrammaton hanno significato soltanto in relazione l’uno all’altro; questo significato è dinamico – movendosi, fluendo, trasformandosi. Noi stiamo trattando le formule come esse sono state rifratte attraverso la mente terrestre, con interpretazione inevitabile in termini di dualità e tempo. L’essenza del glifo e simbolo è trasmessa intuitivamente, in un lampo di intuizione comprensiva. Esso non è più che un barlume, perché una volta che la mente tenta di cogliere l’intuizione, essa è persa. Il barlume è la rifrazione della intuizione comprensiva nella mente terrestre, un barlume fugace dell’infinito e dell’eterno.

 

Maat è la Bocca sia di ingresso che di uscita, della manifestazione e non-manifestazione, della fioritura e del riassorbimento. Essa è la matrice da cui ogni cosa nasce e a cui ogni cosa ritorna. La figura di Arlecchino di Atu VIII è mascherata perché Lei è il niente che maschera se stesso con il gioco della forma. Lei è perfettamente equilibrata, la Perfezione stessa, il supremo equilibrio dello Zero e del Due – la loro assoluta e perfetta equivalenza. ALIL, ‘l’immagine del nulla e il silenzio che è un adempimento dell’aspirazione’ è rispecchiato come LILA, il gioco della manifestazione. L’Eone di Maat non è qualcosa di distante nel tempo – un eone futuro da qui a qualche due migliaia di anni, che in qualche modo ritorna a noi; esso è qui e ora, e noi abbiamo bisogno soltanto di percepirlo. Esso è la trasparenza di consapevolezza innocente, indifferenziata, che è allo stesso tempo la perfezione della manifestazione: una perfezione che non è qualcosa capace forse di realizzazione in qualche tempo futuro ma è già qui – è sempre stata e sempre sarà. Essa è la chiarezza e la libertà del jivanmukta – liberazione tuttavia durante la vita. La liberazione non è del veicolo terrestre – che è un bambino dello spazio e del tempo, e così soggetto alle sue limitazioni – ma della coscienza, non più incatenata al veicolo attraverso cui si è precedentemente concentrata, ma capace di espandersi e di veleggiare oltre i suoi confini precedenti.

 

Maat è al centro della materia o manifestazione. Essa è lo sfondo da cui ogni cosa nasce, da cui essa è nutrita, da cui essa è infusa, e a cui essa ritorna: consapevolezza indifferenziata che risiede sempre al di là della consapevolezza terrestre – confini che non hanno realtà, sono auto-imposti e auto-limitanti. L’iniziazione è il l’allargamento e l’approfondimento della consapevolezza, la rimembranza o il ricordare uno stato cosmico pan-dimensionale. Gli Eoni sono stati di iniziazione, lo scoprimento della consapevolezza, che diviene apparente quando l’aspirante è pronto a percepire; non periodi uniformi di tempo, ma di lunghezza indeterminata. Essi non sono successivi, ma simultanei; allo stesso modo Niente e Due non sono semplicemente aspetti differenti della stessa cosa, ma sono assolutamente identici – ‘la anima è la superficie, e la superficie è l’anima’. Il Niente non è superiore al Due né il Due una progressione dal Niente. Questa è una Verità che rimane per sempre un libro chiuso alla mente razionale, ma che fiorisce intuitivamente nel silenzio della contemplazione.

 

È con questa continuità, questa matrice che noi traffichiamo quando creiamo un contatto ‘alieno’. Mentre noi diveniamo sempre più vivi a quelle vaste aree di consapevolezza che giacciono al di là del terrestre, così vi è una corrispondente consapevolezza che noi non siamo confinati al veicolo terrestre attraverso cui noi siamo abitualmente concentrati. Questa diffusione dell’identità può sembrare una strana, minacciosa idea del nostro modo razionale di pensare, condizionata come è dal linguaggio di percepire in termini di contrari tali come soggetto ed oggetto, interno ed esterno, me non me. Tuttavia a livelli più profondi di consapevolezza noi sappiamo che questa è una struttura poco profonda. Vi è una sensazione di riconoscimento, di rimembranza, dello sperimentare di nuovo uno stato intrinseco che è sfuggito per un po’ oltre il richiamo conscio. Questo stato rimane come un substrato, la corrente occulta che carica la fonte. L’Angelo risiede a questo punto dove il terrestre si fonde nell’infinito ed eterno: esso è il punto che è in ogni dove e in tutti i tempi, velato dalla chimera della identità terrestre, rivelato dalla dissoluzione di quell’identità. L’Angelo è sempre presente, infinito ed eterno, una fontana di acque viventi da cui noi possiamo bere in ogni momento; tutto quello che è necessario è ascoltare la Voce del Silenzio. La Conoscenza e Conversazione del Santo Angelo Custode, e l’Eone di Maat sono identici; questa identità può essere sperimentata a prima mano, del tutto semplicemente, così da entrare in comunione con l’Angelo. L’esperienza magica e mistica è il sangue vitale della iniziazione, con cui noi stiamo eternamente cenando all’Angelo e le Piume.